2016, l'anno più terribile per i difensori della terra

Il 2016 è stato l'anno che ha registrato il maggior numero di uccisioni dei difensori della terra e dell'ambiente. Per chi lotta per difendere i propri territori ancestrali, le risorse naturali che garantiscono la sopravvivenza delle popolazioni, i diritti umani legati ad un ambiente salubre e sostenibile, la vita è sempre più rischiosa. Multinazionali, gruppi paramilitari, ma anche i governi stessi, sono sempre più complici e mandanti di queste violenze, in cui l'omicidio è solo la punta dell'iceberg. E restano sempre più impuniti.

15 luglio 2017 - Circa 4 persone uccise ogni settimana, durante tutto il 2016, per aver difeso la propria terra, le risorse naturali, l’ambiente. Questo è il terribile dato che emerge dall’ultimo rapporto di Global Witness, “Defenders on the Earth”, e che mostra con il 2016 sia stato in assoluto l’anno con il maggior numero di assassinii tra i “difensori della terra”: 200.

“Non è mai stato così mortale combattere contro le industrie che rubano la terra e distruggono l’ambiente” scrive Global Witness. “L’omicidio è solo una delle tante tattiche usate per far tacere chi difende la terra e l’ambiente, incluse minacce di morte, arresti, violenze sessuali e aggressivi attacchi legali”.

E secondo il Guardian, il 2017 sarà ancora peggiore: i primi 5 mesi dell’anno hanno già registrato ben 98 uccisioni. Il report pubblicato da Global Witness è pieno di storie di persone che combattono contro le multinazionali, i gruppi paramilitari, o anche contro i loro stessi governi, che portano avanti, o appoggiano, progetti di miniere, gasdotti e oleodotti, disboscamenti, e molto altro, in nome del profitto, e a totale discapito delle devastazioni ambientali che lasciano dietro di sé e delle popolazioni che abitano quelle terre che vengono depredate. Non sono questioni di oggi: la storia di interi continenti è piena di questi avvenimenti. Ma ora più che mai la situazione sta diventando sempre più grave, e i crimini sempre più impuniti.

“Non sono incidenti isolati. Sono sintomatici di un assalto sistematico contro comunità remote ed indigene da parte dello Stato e delle multinazionali”, afferma Billy Kyte, portavoce della campagna promossa da Global Witness. “Gli assassinii sono solo l’apice di una violenza epidemica. Per ogni difensore della terra e dell’ambiente che viene ucciso, molti altri vengono minacciati di morte, di espulsione, e di distruzione delle proprio risorse”.

Continua Kyte per il Guardian: “I conflitti adesso stanno avvenendo ovunque a causa della globalizzazione. Il capitalismo è violento e le grandi imprese sono alla ricerca di paesi poveri per accedere alla terra ed alle risorse. I paesi poveri sono più corruttibili, ed hanno leggi più deboli. Le imprese e i governi adesso lavorano insieme per uccidere le persone.”

Nella “classifica” dei paesi con più uccisioni, l’America Latina è drammaticamente ai primi posti. In cima alla lista c’è il Brasile, la cui foresta Amazzonica è oggetto di depredazioni, disboscamenti e violenze contro le popolazioni indigene da tempo immemore. Ma l’Honduras resta ancora il Paese più pericoloso dell’ultimo decennio. Il Nicaragua, tuttavia, sta velocemente raggiungendo questi due “campioni” di violenze: il canale inter-oceanico, pensato per dividere in due il Paese, sta fortemente minacciando la popolazioni con espulsioni di massa, instabilità sociale e repressione violenta contro chi vi si oppone. Nelle Filippine, una vorace industria mineraria ha prodotto diverse uccisioni in Asia. In Colombia, le zone che prima erano sotto il diretto controllo delle FARC stanno diventando bocconcini invitanti per le imprese estrattive e i paramilitari, soprattutto dopo gli accordi di pace. E le comunità che reclamano le terre che erano state loro rubate in più di mezzo secolo di conflitto, vengono regolarmente attaccate.

“E’ sempre più chiaro che, a livello globale, i governi e le imprese stanno fallendo nel loro dovere di proteggere gli attivisti a rischio,” conclude Kyte. Come affermato anche in diversi documenti promossi da Terra Nuova (ad esempio questo, di Nora McKeon, o in questo recente documentario di ARTE TV), la nuova tendenza dei grandi investimenti nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto in settori come l’agroindustria, e di partenariati pubblico-privato che favoriscono le grandi multinazionali, mette gravemente a rischio i produttori di piccola scala e tutti coloro che lavorano, lottano e difendono la terra, l’acqua e le altre risorse naturali essenziali per la vita delle popolazioni locali. Sono sempre più necessarie leggi vincolanti che obblighino il settore privato ad avere il rispetto dei diritti umani come priorità assoluta delle proprie attività.