Amazzonia Peruviana: ecco i progetti di Terra Nuova

27 gennaio 2016 - La sovranità alimentare è un concetto estremamente complesso che assomma in sé una pluralità di questioni chiave come il diritto di accesso alla terra, all’acqua e ai semi passando per il rispetto e la tutela degli ecosistemi. Non solo: la sovranità alimentare richiede anche mercati alla portata di tutti, la diffusione delle conoscenze e una certa capacità nonché possibilità di collaborazione all’interno di una filiera.

Tutti aspetti al centro di alcuni progetti che Terra Nuova sta portando avanti nell’Amazzonia Peruviana con differenti enti finanziatori e che dovrebbero proseguire almeno fino al 2018. Si tratta, ad esempio, dei progetti:

  1. Promovendo un Sistema di Certificazione Biologica Participativa per i prodotti  amazzonici nelle regioni Loreto e Ucayali ;
  2. Filiere dell’agricoltura e dell’acquacoltura biologica per il buen vivir della popolazione indigena Shawi dell’Amazzonia peruviana;
  3. Promozione delle filiere agroalimentari biologiche con cooperative indigene dell’Amazzonia peruviana.
  4. Sicurezza alimentare presso la popolazione indigena Shawi dell’Amazzonia peruviana.

Sono tutti interventi diversi con un denominatore comune: tentare di favorire l’inserimento di gruppi indigeni o gruppi "mestizos" marginali in attività economiche da posizioni non-subordinate, attraverso imprese sociali. Un compito reso certamente più arduo da una certa frammentazione delle aree implicate, spesso lontane da nodi infrastrutturali di rilievo se non realmente isolati. Eppure, di un qualche aiuto può essere la capacità di organizzarsi in cooperative travalicando, in senso reale e figurato, i limiti imposti dalla straordinaria complessità geografica dell’Amazzonia e collegandosi ad una piattaforma contadina nazionale come la Asociaciòn Nacional de Productores Ecologicos.

Non solo, la conoscenza di questi luoghi comporta anche la consapevolezza di non poter prescindere, se si vogliono perseguire risultati duraturi e reali, dai sistemi di conduzione agricola o agro-ittico-forestale di tipo biologico che preservano gli ecosistemi unici che qui sono al loro vertice. Per questo motivo, un altro aspetto condiviso è dato proprio dal tentativo di far leva, nel far crescere queste attività in loco, su una certificazione di qualità e in particolare sulla certificazione biologica dei prodotti promuovendo sistemi di garanzia partecipata che non deleghino a tecnici esterni la verifica dell’effettiva applicazione delle tecniche a basso impatto nelle fasi produttive (e di trasformazione), ma facilitando il controllo sociale dal basso e reciproco tra i produttori, con il coinvolgimento dei consumatori.

L’ideale è, per certi aspetti, una Città del Sole sui generis, avveniristica forse, ma anche molto, molto reale.