Caporalato, Latina: minacce ai braccianti indiani all'indomani dello sciopero

20 aprile 2016 - Una comunità indiana di circa 12.000 persone, la seconda più grande d’Italia, vive nelle campagne della provincia di Latina. Sono soprattutto braccianti e molti di loro sono costretti a soggiacere alle regole del caporalato, lavorando per oltre 10 ore al giorno e non ottenendo che paghe da fame comprese tra 2 e 3 euro l’ora, talvolta senza neppure la consapevolezza di avere diritto a molto di più. Alcune testimonianze affermano che per sostenere lo stress e i carichi di lavoro spesso si fa ricorso a sostanze dopanti, con il beneplacito dei “padroni”.

“Io lavoro in campagna. Vado in macchina con un amico dalle 6 alle 17-18. Dipende dal padrone: non ho orario – racconta Hardeep, bracciante di 30 anni, residente in Italia da 7 – Carico tutto il giorno grandi camion con zucchine o verdura. Il padrone è così, così. Lavoro sempre senza mai ferie, ma non mi pagano: il padrone mi dà soldi una volta ogni 4-5 mesi. “

Il mese scorso, un bracciante, un ragazzo sikh di 24 anni, si è tolto la vita, impiccandosi. Da allora, la comunità indiana della zona  ha deciso di gridare “basta” e di organizzarsi dando vita ad alcune manifestazioni. La più grande delle quali ha avuto luogo lunedì 18 aprile grazie al sostegno di Inmigrazione e Flai Cgil. Oltre 2000 braccianti si sono raccolti in piazza della Libertà, a Latina.

Ma cos’è che vogliono?

Una paga decente, il bonus degli 80 euro in busta paga di Renzi e, perché no, anche delle ferie, magari con la possibilità di tornare a casa a riabbracciare la famiglia, nel Punjab.  E, non da ultimo, che il “Ddl contro il caporalato sia approvato in tempi brevi e contenga tutte le misure che chiediamo per contrastare in modo efficace lo sfruttamento nei campi” come ha specificato Giovanni Mininni, segretario nazionale Flai Cgil .

Diritti, semplicemente “diritti”, riconosciuti sulle Carte di tutto il mondo ma difficilmente nella vita reale. “E’ difficile vivere. Sono in regola con i documenti e ho un contratto di lavoro regolare ma il padrone mi paga 100 o 200 euro ogni tanto, ma io voglio tutti miei soldi perché ho una famiglia in India, in Punjab, che ha bisogno dei soldi per vivere, cosa dico loro?”

A due giorni dalla manifestazione abbiamo chiesto a Marco Omizzilo, dell’associazione Inmigrazione  e amico di Terra Nuova, di darci qualche informazione in più per capire se l’iniziativa abbia fatto, come speriamo, una qualche breccia:

“Al momento stiamo monitorando la situazione. Da sud verso nord c’è ancora l’onda lunga dello sciopero con alcune iniziative spontanee. Quello che chiediamo sono migliori condizioni di vita per i braccianti. Soprattutto, non accettiamo ritorsioni o spedizioni punitive.” Qui, la sua voce, al telefono, si fa più grave e aggiunge, spiegando: ” all’indomani dello sciopero ci sono state delle violenze contro gli indiani e alcune persone hanno ricevuto minacce di licenziamento  o sono state allontanate".

Inaccettabile.

"Purtroppo, controlli o risposte alle nostre richieste direi che non ce ne sono ancora state. Ad ogni modo, il giorno stesso della manifestazione abbiamo presentato in prefettura, noi di Immigrazione con Flai CGIL e Libera un documento per controlli più severi sulle aziende agricole. Dopotutto, per evitare situazioni spiacevoli e il caporalato a volte basterebbe davvero concentrarsi su indici di congruità più severi. Non possono esserci aziende di grandi dimensioni con soli 3 braccianti!”

E’ vero, ha ragione e ammutolisco. Mentre lo ascolto, al telefono, nella mia mente risuonano la  parola “dignità” e l’altra, che l’accompagna, “diritti”. Guardo la mia insalata a km0 e poi penso alla somma di tutti i km fatti, e a che prezzo, dalle persone che per “gioco o per ventura” sono arrivate in Italia e che, forse, hanno aiutato a raccogliere o a piantare questa che ho nel piatto. E soprattutto, riattaccando, penso al lavoro. A quanto sia importante, per tutti noi; e, con rabbia, a quanti lo sviliscono, timbrando furbescamente cartellini  quando non dovrebbero – in senso reale e figurato - ma, soprattutto, a quanti lavorano solo per vivere dignitosamente. E lo fanno con cura, con convinzione, con fatica – quella vera – senza ottenere che nulla o troppo poco in cambio.

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