Nicaragua: alta tensione ma serve un dialogo

Continuano gli scontri in Nicaragua, dove ad oggi si contano almeno 46 morti e centinaia di feriti. Ieri, 9 maggio, diverse associazioni universitarie hanno organizzato una manifestazione pacifica a cui hanno partecipato migliaia di persone. Anche la Chiesa cattolica e l'Associazione degli impresari chiedono la fine della repressione e un'inchiesta seria su quanto sta accadendo nel paese da circa un mese. La tensione è molto alta, ma è necessario un dialogo tra pari.

10 maggio 2018 - Dalla metà di aprile, il Nicaragua è scosso da una serie di manifestazioni, espressioni di dissenso, aggressioni e interventi delle forze dell’ordine, che hanno prodotto almeno 46 morti e centinaia di feriti.
La protesta si è diffusa in tutto il Paese soprattutto dopo la dura repressione delle forze dell’ordine contro gli studenti universitari, inizialmente scesi in piazza per questioni puntuali (l’apparente noncuranza verso la perdita di patrimonio forestale, la riforma del sistema previdenziale voluta dal governo che penalizzava gli utenti, così come richiesto pochi giorni prima dal Fondo Monetario Internazionale), ma poi come reazione –appunto- all’uso di armi da fuoco contro i manifestanti da parte della polizia e alle violenze di gruppi di giovani filo-governativi, che sembravano liberi di circolare con armi ed aggredire gli oppositori. Gli eventi si sono sviluppati in modo molto accelerato, in larga misura spontaneo, prendendo alla sprovvista sia il governo, che le esigue e screditate forze politiche di opposizione. E infatti non sono queste ultime che stanno capeggiando le proteste, ma studenti e gruppi di produttori agricoli, già da un paio di anni in mobilitazione contro il progetto di un canale interoceanico. 

E’ di pochi giorni fa la convergenza di varie associazioni studentesche delle diverse università nel ‘Movimiento Estudiantil 19 de abril’, organizzazione che insieme alla sigla ‘Movimiento por Nicaragua’ ha convocato la giornata di protesta di ieri mercoledì 9 maggio, che si è svolta in modo pacifico in molte località con migliaia di partecipanti. La Chiesa cattolica e anche l’Associazione degli impresari (COSEP), hanno preso posizione chiedendo la fine delle operazioni di polizia, la possibilità di manifestare pacificamente e una indagine seria su quanto accaduto dal 19 aprile in poi in Nicaragua.

La tensione è molto alta nel Paese, gli spazi per un dialogo che disinneschi una escalation dagli esiti imprevedibili sono ristretti ma è quella via -e cioè un dialogo tra pari, assicurando la sospensione della repressione e delle proteste, istituendo una commissione al di sopra delle parti che chiarisca quanto avvenuto in queste settimane, dando voce alle molteplici fonti di malessere dei cittadini ed istituendo per ciascuna di queste dei tavoli negoziali-  l’unica strada percorribile per evitare nuovi spargimenti di sangue.

Benché sia al momento impossibile dire che esiti avrà questo ciclo di mobilitazione, è un dato che una frattura si è consumata in queste poche settimane, che segnerà la storia del Paese centroamericano. La polarizzazione divide in modo doloroso un popolo di poco più di sei milioni di abitanti.