Pandemia e accesso al cibo: i prossimi mesi saranno decisivi

Credits:Oxfam East Africa

Gli impatti del Covid_19 sono senza precedenti. Molti, sopratutto a medio e lungo termine, sono ancora da comprendere. Alcuni, invece, si stanno già manifestando, rivelando trend preoccupanti per l'intero globo.

Uno di essi è l'aumento dell'insicurezza alimentare. Da questa prospettiva, la pandemia si è inserita in un contesto già molto difficile: negli ultimi anni, infatti, il numero di persone in stato di grave insicurezza alimentare è andato crescendo (nel 2019 erano, secondo il Global Report on Food Crises, quasi 135 milioni in 55 paesi). Inoltre, le conseguenze dovute alle misure prese per arginare la pandemia colpiranno di più le fasce già maggiormente vulnerabili, provocando un aumento della povertà a livello globale: la Banca Mondiale stima che saranno circa 100 i milioni di persone che verranno spinte in stato di povertà estrema a causa della pandemia. La stessa dinamica avviene a livello statale: chi è già in difficoltà pagherà di più. Vale per tutti quei paesi che più dipendono dalle esportazioni di materie prime o agricole, oppure dalle rimesse dei loro emigrati all'estero (nel 2020 è previsto un calo del 20%), o che hanno un alto tasso di occupazione informale.

Il rapporto congiunto della FAO e del WFP "Early Warning analysis of acute food insecurity hotspots" dello scorso luglio prevede cinque ambiti nei quali gli impatti della pandemia faranno sentire maggiormente i loro effetti.

Primo tra tutti, l'accesso al cibo sarà più difficile. Causa principale è la diminuzione del potere d'acquisto delle famiglie, dovuto soprattutto alla perdita massiccia di posti di lavoro. I numeri sono da capogiro. L'International Labour organization (ILO) stima che si perderanno circa 400 milioni di posti di lavoro, con una diminuzione del 14% a livello globale delle ore lavorate. L'ILO stima inoltre che le entrate per i lavoratori informali (circa 2 miliardi nel mondo) caleranno di circa l'82%. Tradotto: milioni di persone non avranno più sufficienti entrate per sfamare loro e le rispettive famiglie. A ciò va aggiunto l'aumento dei prezzi di molti generi alimentari, dovuto alle difficoltà di esportare, alla diminuzione delle entrate da turismo e al conseguenze aumento dell'inflazione (con relativo calo del potere d'acquisto).

Il secondo impatto lo subiranno la produzione agricola, le catene di distribuzione e, di conseguenza, la disponibilità stessa di cibo. Le misure prese dai governi per rallentare la diffusione del virus, infatti, hanno interrotto o messo in grave difficoltà le catene di distribuzione, colpendo soprattutto i produttori di beni deperibili (come frutta e vegetali). Situazione aggravata anche da un'improvvisa scarsità di mano d'opera, visto che molti lavoratori sono tornati nei loro luoghi d'origine in attesa che passi la tempesta.

Gli impatti saranno anche a lungo termine, se si pensa che il minor potere d'acquisto attuale costringerà i piccoli produttori - che sono la spina dorsale della produzione agricola a livello globale - a comprare meno semi per la prossima stagione. Il che provocherà raccolti più scarsi e di conseguenza nuove minori entrate. Il rischio, in sostanza, è che si inneschi un circolo vizioso al ribasso, che porterà alla fame milioni di persone.

Ci sono poi gli impatti sui governi. Da un lato è diminuita la loro capacità di proteggere le persone più vulnerabili; dall'altra aumenterà l'instabilità politica. I due aspetti, chiaramente, sono collegati. Molti Stati stanno fronteggiando una diminuzione delle entrate a causa della crisi economica seguita alla pandemia. Le risorse non sono sufficienti per rispondere a tutte le esigenze della popolazione (anche qualora vi sia la volonta plitica di farlo), specialmente dove la situazione economica era già complessa (ad esempio, a causa di un alto debito pubblico che drena risorse). È molto probabile che in contesti simili a pagare le maggiori conseguenze saranno i più vulnerabili, che vedranno venir meno molti programmi di protezione che davano loro un sostegno, seppur minimo e tra mille difficoltà. Ecco perché ci sarà un impatto anche sulla stabilità politica: il crescente malcontento in ampie fasce di popolazione (dovuto alla disoccupazione, all'insicurezza alimentare e, più in generale, all'aumento delle disparità) provocherà con ogni probabilità un aumento delle tensioni sociali e politiche, con rischio di frammentazione sociale.

Per altro, è da rilevare come diverse libertà siano già state pesantemente limitate dalle misure imposte per ridurre la diffusione del virus. Alcune nazioni hanno imposto misure per ridurre la libertà di espressione in seguito alla pandemia. Inoltre, 67 paesi hanno posticipato le elezioni a causa del Covid_19. È importante mantenere alta l'attenzione, affinché misure straordinarie non diventino ordinarie.

Ultimo impatto si avrà sulle dinamiche dei conflitti. Innanzitutto, la chiusura di molti confini sta colpendo tutte quelle popolazioni che vivono a cavallo tra diversi Stati: le tensioni stanno aumentando, e lo faranno fino a quando i confini non verranno riaperti. In secondo luogo, si assite a un incremento del potere dei cosiddetti "Non stated armed groups" (NSAGs), gruppi armati che agiscono all'interno di alcuni Stati, mossi dai più dispari motivi (a seconda del contesto dove operano). Molti Stati, al momento alle prese con il virus, non hanno la forza per opporsi all'espansione delle zone di influenza degli NSAGs, i quali diventano, per altro, sempre più attrattivi per migliaia di persone che a causa della pandemia si trovano senza lavoro. É importante che l'attenzione internazionale resti alta su queste situazioni.

Il rapporto congiunto FAO-WPO suggerisce anche alcune azioni per mitigare gli effetti della pandemia. Innanzitutto, incrementare l'assistenza per il sostentamento e il cibo, specialmente nei luoghi critici, come i campi profughi. Fondamentale è poi adattare i modelli di assistenza, in modo da aumentarne l'efficienza in base alle nuovi standard sanitari e logistici che la pandemia impone (questo vale anche per gli strumenti finanziari). Terzo punto è ridurre al minimo le interruzioni nelle catene di distribuzione dei generi alimentari, in modo da stabilizzare l'accesso al cibo (per quanto riguarda la disponibilità sia di cibo sia di lavoro). Sarà, inoltre, importante intercettando le esigenze e includere nei programmi di assistenza anche i gruppi più emarginati e a rischio. Fondamentali a tale scopo saranno programmi di raccolta dati innovativi, che siano efficienti e sappiano rispecchiare la realtà post-Covid_19.

La situazione tratteggiata dal rapporto congiunto FAO-WPO è estremamente difficile. Ci aspetta un periodo complesso, che con tutta probabilità si protrarrà anche dopo la fine dell'emergenza sanitaria. É anche chiaro, però, che alcune azioni sono possibili per ridurre gli effetti negativi. Si deve evitare che questa crisi si trasformi nell'ennesimo aumento della diseguaglianza, sia nei singoli Stati che a livello globale.