Difendere i diritti umani non è mai stato così pericoloso

31 gennaio 2017 - Domenica 15 gennaio 2017 è stato ucciso Isidro Baldenegro López, un giovane Rarámuri (chiamati fino a qualche anno fa con il nome datogli dai colonizzatori spagnoli: Tarahumara), delle montagne del nord del Messico. Isidro aveva preso il testimone da suo padre, ucciso anch’egli dai saccheggiatori del bosco, per portare avanti la causa della difesa degli ecosistemi del popolo Rarámuri,  considerati sacri e quindi indissolubilmente legati alla vita o morte di queste comunità. Isidro aveva ricevuto il Premio Goldman come attivista difensore della terra e dei diritti umani, come già l’aveva ricevuto Berta Cáceres, una donna del popolo Lenca che in Honduras difendeva il territorio da un progetto idroelettrico, uccisa a sangue freddo un anno fa.
Lunedì 16 gennaio di quest’anno, sconosciuti sono entrati nottetempo nell’abitazione di Laura Leonor Vásquez Piñeda e l’hanno uccisa con un colpo di pistola alla testa. Laura, una donna di 47 anni che viveva con due nipotini gestendo un piccolo negozietto nella cittadina di San Rafael Las Flores (dipartimento di Jalapa, Guatemala), era una leader del Comité en Defensa de la Vida, sorto spontaneamente nella località rurale contro un progetto minerario. Come parte di una campagna di criminalizzazione e di diffamazione del comitato, Laura era stata  ingiustamente incarcerata per sette mesi nel 2013, senza che le accuse siano mai state accertate. La Iniciativa Mesoamericana de Mujeres Defensoras de los Derechos Humanos ha lanciato un appello chiedendo una indagine esaustiva ed imparziale che identifichi gli autori materiali ed i mandanti di questo crimine.
Il giorno 17 è stata la volta di Emilsen Manyoma, leader afrocolombiana della rete Comunidades Construyendo Paz en los Territorios (CONPAZ), e di suo marito Joe Javier Rodallega, sequestrati ed uccisi nella cittadina di Buenaventura (Cauca, Colombia) perché da tempo denunciavano lo strapotere del narcotraffico.
Sempre in Colombia, il 26 gennaio è stata uccisa, a Valledupar, Yoryanis Isabel Bernal Varela, leader dell'organizzazione Wiwa Golkuche.

L’elenco, purtroppo, potrebbe continuare. Secondo, Front Line Defenders, che ha pubblicato lo scorso 3 gennaio l’Annual Report on Human Rights Defenders at Risk in 2016, nel 2016 più di 1000 difensori dei diritti umani sono stati uccisi, molestati, imprigionati, o soggetti a campagne diffamatorie e altre violazioni.

Non intendiamo trasformare questo sito in una bacheca di necrologi. Il fatto è che un’economia basata sull’estrazione accelerata e indiscriminata di ricchezze naturali (siano minerali, gas naturale o petrolio, legname o banchi di pesce) senza nulla lasciare alle comunità locali, trova spesso un’opposizione da chi in quel territorio vive, ma che si trova sempre più esposto “nel mirino delle forze di sicurezza private delle imprese, delle forze statali e di un florido mercato di assassini a pagamento”, afferma Billy Kyte, portavoce di Global Witness, organizzazione nordamericana di difesa dei diritti umani.

Chi difende i diritti umani si trova sempre più accusato, denigrato e spesso purtroppo ucciso.  Le belle e importanti dichiarazioni delle istituzioni sovranazionali sui diritti umani, o diventano strumento reale di difesa degli stessi, con meccanismi giuridici nazionali e internazionali di protezione e vigilanza, o rischiano di  restare vuoti esercizi retorici. E ci sembra importante sottolineare come troppo spesso la stampa definisca questi attivisti "ecologisti", quasi a sminuire l'importanza della loro battaglia, "solo" in difesa dell'ambiente. Ma questi "ecologisti", come Berta, Isidro, e tanti altri, sono appunto "difensori dei diritti umani": la terra e le risorse naturali per cui combattono a costo della vita, sono diritti inviolabili.
Difendere i difensori dei diritti è per noi, quindi, appoggiare la costruzione di una rete internazionale di salvaguardia e di monitoraggio delle situazioni dove i diritti sono maggiormente calpestati e ignorati, per dimostrare che la violenza non ha l’ultima parola.