El Salvador: la società civile rivela i dati sulle esecuzioni extragiudiziali

I numeri sono allarmanti: tra il 2014 e il 2017, oltre 1300 persone sono morte per mano delle forze dell'ordine, in Salvador. A denunciarlo sono le organizzazioni della società civile, che hanno appena consegnato il loro rapporto al Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle Esecuzioni Extragiudiziali, Agnes Callamard. Occultamento, violazione dei diritti umani e frode dei processi di giustizia, risultano ormai un modus operandi di alcuni apparati dello Stato.

30 gennaio 2018 - Vivere nel Salvador è tra le cose più difficili al mondo. Tra il 2014 e il 2017, ci sono stati ben 1607 casi di scontri tra forze dell’ordine e civili, spesso finiti in tragedia: 1416 morti, 442 feriti. Di questi decessi, ben 1325 sono stati causati dagli agenti di sicurezza dello Stato.
In un rapporto appena pubblicato, alcune organizzazioni della società civile (IDHUCA, Servizio sociale
Passionista, Cristosal, COMCAVIS TRANS e FESPAD), hanno espresso una grandissima preoccupazione per la situazione di violenza nel Paese sempre più allarmante, acuita da un modus operandi sempre più repressivo da parte di alcuni apparati dello Stato che ha portato al verificarsi di esecuzioni extragiudiziali ormai all’ordine del giorno.

Questo rapporto, consegnato al Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie ed arbitrarie, Agnes Callamard, ricorda che, come principio costituzionale, le forze dell’ordine dovrebbero agire in maniera letale solo come ultimissima risorsa, per legittima difesa o per difesa di qualcun altro: il numero dei morti non dovrebbe quindi superare il numero di feriti. “Tuttavia, il tasso di mortalità nel 2017, a partire da giugno, era di 6.3, cioè per ogni persona ferita in uno scontro, sei hanno perso la vita. Nel 2014, prima che il governo lanciasse la sua offensiva contro le bande criminali giovanili, il rapporto di decessi  tra civili e forze di sicurezza statali era 15 ad 1, che indica che 15 civili sono morti per ogni agente ucciso nello scontro. Dal 2016, questa tendenza è cambiata e il numero è inesorabilmente salito a 60; nel 2017 è arrivato addirittura a 112, quasi il doppio dell'anno precedente.”

Sono numeri che sembrano quasi provenire da un altro pianeta. Anche i dati sulle carceri evidenziano una crescita del numero di detenzioni nel corso degli anni, l’allungamento dei periodi di detenzione preventiva (prima del processo) e la giovane età dei/delle detenuti/e (il 44,7% degli uomini reclusi ha un’età tra i 18 e i 24 anni; tale dato è del 40,4% tra le donne), come indica il dossier “Reporte de las cárceles de El Salvador” del 2015. Soprattutto nelle prigioni e nelle “bartolinas”, le celle di rigore femminili, il numero di decessi per motivi di salute è incredibilmente alto: 104 nel 2016, e 253,1 nel 2017. Più che raddoppiato in un anno: una vera e propria crisi umanitaria all’interno dei centri di detenzione, denunciano le organizzazioni.

“Le cifre allarmanti rivelano una pratica di esecuzioni extragiudiziali, intese come omicidi volontari commessi dallo Stato o da singoli individui che godono dell'acquiescenza”, afferma il rapporto.  “Questo denota pratiche, all'interno della polizia, di occultamento, violazione dei diritti umani e frode del
processi di giustizia.”

Il documento, infine, evidenzia la mancanza di accesso alla giustizia. A partire da novembre 2013, la riforma del Codice di Procedura Penale consente nella fase iniziale del processo criminale, cioè attraverso una risoluzione di un Giudice di Pace, che un agente di sicurezza pubblica o un militare assegnato a tali compiti, possa essere rilasciato da accuse di omicidio se afferma di aver agito per legittima difesa; di conseguenza, a partire dal 2014, oltre il 50% di poliziotti e soldati indagati per omicidio sono stati rilasciati per questo motivo. Nel 2017, la percentuale è salita al 90%, lanciando un gravissimo allarme.

Come denunciato più volte anche da Terra Nuova e da tutti i partner centroamericani del progetto “CentroAmerica diferente”, tutti i crimini di odio perpetrati ai danni della popolazione LGBTI sono passati sotto la totale impunità.

A fronte di questi dati sconcertanti, la visita del relatore Callamard diventa un momento di assoluta importanza per far luce su questi preoccupanti fenomeni.
Al tempo stesso, Terra Nuova, insieme a tutti coloro con cui collaboriamo in Centro America e soprattutto nel Salvador, non ci stancheremo mai di lottare per la difesa dei diritti umani di tutti e tutte, e per la supremazia della giustizia e della pace. Le attività portate avanti nel Muncipio di San Esteban Catarina, nel Salvador, hanno proprio questo obiettivo: promuovere l’inclusione sociale in particolare per le donne, ampliare le opportunità di aggregazione, espressione creativa, formazione professionale per i giovani,  favorire la generazione di un tessuto di economia locale e quindi in ultima istanza prevenire la violenza.