I 'desaparecidos' italiani da troppo tempo dimenticati

16 aprile 2019 - Dal 29 luglio 2013 non si sa più nulla di padre Paolo Dall’Oglio, missionario in Siria, quasi sicuramente rapito da un gruppo legato a Al Qaeda oppure direttamente a DAESH (il cosiddetto stato islamico). Il fatto che si stia svolgendo la battaglia per debellare l’ultima roccaforte di questa organizzazione jihadista in Siria, ma nessuna sua notizia trapeli, fa temere seriamente per la sorte del gesuita che si era sempre speso per il dialogo interreligioso e la costruzione della pace.

Il 17 settembre 2018 veniva rapito nella zona meridionale del Niger, il missionario padre Pier Luigi Maccalli, della diocesi di Crema.  Si suppone sia stato prelevato da elementi jihadisti, che operano nella zona tra i confini di Niger, Mali e Burkina Faso; ma non si è saputo ancora nulla della sua sorte.

Il 20 novembre 2018 veniva rapita la volontaria milanese Silvia Romano in un villaggio del Kenya; nonostante le prime rassicuranti dichiarazione della polizia locale, nessun tipo di indizio o traccia è stata più trovata della nostra giovane connazionale, e la preoccupazione è grande.

Luca Tacchetto e la sua compagna canadese Edith Blais, sono scomparsi nel nulla in Burkina Faso il 15 dicembre 2018; i due giovani stavano realizzando un viaggio nella zona. Non si conosce esattamente cosa sia successo, e la zona dove sono spariti (la strada tra Bobo Dioulasso e la capitale Ouagadougou) non era segnalata come particolarmente pericolosa, in un Paese che sta subendo però un crescente impatto dell’azione dei gruppi armati irregolari.

Storie tutte diverse, ma che hanno in comune il buio totale, da un momento all’altro, sulla sorte degli involontari protagonisti.

Siria, Niger, Burkina Faso, Kenya: paesi che nel volgere di una decina di anni (dal 2011 per la Siria, da due anni per Burkina e Niger, diverso il discorso per il Kenya) sono diventati in diversi gradi zone instabili e altamente pericolose. I ‘desaparecidos’ italiani sono, ahimé a scapito loro, i testimoni e altrettante ‘cartine di tornasole’ dei conflitti e delle contraddizioni di questi paesi e di un pianeta sempre più attraversato da conflittualità.

Lo Stato italiano ha il dovere di tutelare la sorte dei suoi cittadini anche all’estero, e speriamo proseguano tutti gli sforzi possibili per liberare queste persone. Se il silenzio investigativo è d’obbligo, non così deve essere per l’opinione pubblica: speriamo che l’attenzione si mantenga per chiedere la liberazione di queste persone. A noi cara in particolare la persona di Silvia Romano, che nessuna ingiuria di chi sprofondato in un divano blatera e sputa sentenze, può infangare.