Il caso "Diciotti": alcune considerazioni oggettive

Si è detto molto sulla storia della nave "Diciotti" della Guardia Costiera, che a metà agosto ha salvato 177 persone in mare. Riportiamo in questo articolo di Piero Confalonieri alcune considerazioni il più oggettive possibile e non faziose, per comprendere al meglio la vicenda, i suoi risvolti a livello europeo e nazionale, e i possibili sviluppi futuri. Con la certezza, sempre, che "salvare vite dovrebbe essere una priorità per Stati, associazioni, persone".

6 settembre 2018 - Benché della vicenda dell’imbarcazione “Diciotti” della Guardia Costiera italiana si sia detto e scritto molto in queste ultime settimane, ci sembra che alcune considerazioni il più possibile oggettive e non-faziose, debbano essere fatte, anche solo per i nostri operatori all’estero che potrebbero aver colto solo parzialmente alcuni elementi di assoluta novità.

Non stiamo ad approfondire i nudi fatti, e cioè il recupero da parte della “Diciotti” di 177 migranti  che si trovavano su un precario barcone diretto a Lampedusa, nella notte tra il 15 e il 16 agosto; la battaglia diplomatica tra Italia e Malta circa quale dei due paesi avesse in carico l’accoglienza e avesse competenze sul tratto di Mediterraneo in cui è stato effettuato il salvataggio; il braccio di ferro con l’Unione Europea avviato dal Ministro degli Interni italiano e l’epilogo - dopo dieci giorni di tensione e la nave in mare - con l’impegno ad accogliere i migranti da parte del Vaticano, Irlanda ed Albania e quindi sulla base di questo impegno, il permesso di sbarco il 25 agosto a Catania.

Sebbene il ‘trattamento’ avuto per la “Diciotti” sia stato analogo a quello adottato poche settimane prima per la nave “Aquarius” della ong SOS Mediterranée (la variante è stata che per la “Diciotti” il Ministero competente per i porti, e cioè il Dicastero dei trasporti ed infrastrutture, ha acconsentito all’attracco a Catania dopo 5 giorni di stallo in cui la nave e il suo carico era respinta e non aveva permesso di avvicinarsi alle coste, ma con il divieto del ministero degli interni a far toccare terra alle persone raccolte in mare, a parte 29 persone in condizioni di salute precarie o minori non accompagnati), in questo caso non si è permesso l’attracco in un porto italiano non a una imbarcazione di ong straniere ma ad una nave… della Guardia costiera italiana, corpo della Marina militare. Paradosso nel paradosso, è come se il Ministero degli interni avesse dichiarato “porto non sicuro” quello di Catania.

Un secondo elemento è che la situazione si è sbloccata con la disponibilità ad accogliere i migranti presenti sulla “Diciotti” da parte dell’Albania (una ventina di persone), dell’Irlanda (idem) e del Vaticano (un centinaio) , ma sulla scorta di uno scontro molto duro, e la sconfitta del governo italiano, con l’Unione Europea, per la distribuzione e presa in carico ordinata e solidale dei migranti da parte di tutti e ciascuno degli stati membri. Infatti nel braccio di ferro con la UE, il governo italiano non l’ha spuntata e si è irrobustito il fronte che isola l’Italia, adducendo che il metodo usato e quindi il ‘diktat’, non è ammissibile. La ‘soluzione’ della vicenda “Diciotti”, è venuta quindi da due entità statuali extra-UE (Albania e Vaticano), oltre all’Irlanda che invece lo è. Ma anche le successive riunioni di questi giorni a vari livelli dell’Unione segnano l’isolamento italiano, anche da parte di quelli che il ministro Salvini indica come suoi alleati, e cioè i paesi del cosiddetto ‘gruppo di Visegrad’ (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca). Sulla questione della gestione dei migranti rischia di ‘saltare’ l’Unione Europea.

Va da sé, ed è un terzo elemento inoppugnabile, che la soluzione trovata per sbloccare la situazione della “Diciotti” non potrà essere replicata. Se pensiamo alle parole del ministro Salvini secondo le quali “se arriverà un altro barcone lo rifarò”  e poiché è difficile pensare che non si ripresenti a breve una situazione analoga (a meno che non si giunga a cambiare completamente la funzione del pattugliamento in mare della marina italiana, ma al momento è fantascienza), è chiaro che siamo di fronte ad una situazione delicatissima e piena di incognite.

Parte delle incognite si concentrano ora sull’atto di accusa contro il ministro Salvini presentato dal procuratore di Agrigento con cinque capi ipotesi di reato: sequestro di persona, sequestro di persona a scopo di coazione, arresto illegale, abuso d'ufficio e omissione d'atti d'ufficio. Ovviamente l’iter sarà complesso, dagli esiti incerti, ma lascerà certamente un profondo segno anche negli equilibri interni alla compagine governativa.

Quindi ad un latente dissidio tra il Ministro degli interni e il Ministro dei trasporti con il Presidente della Camera dei deputati, e si può supporre con il comando della Guardia costiera, si deve aggiungere uno scontro istituzionale profondo con la magistratura e un isolamento significativo nell’Unione Europea, nonché una situazione che potrebbe riaccendersi ed aggravarsi con il prossimo gruppo di migranti che venisse salvato in mare da una imbarcazione della Guardia costiera italiana e/o in acque vigilate dall’Italia (zona ‘SAR’).

Poco è stato scritto sul fatto che immobilizzare per più di dieci giorni una imbarcazione preposta al pattugliamento, vigilanza dei confini e salvataggio, significa aumentare il rischio di naufragi nel Mediterraneo, considerando anche che nelle acque antistanti la Libia non vi sono più imbarcazioni delle ong, poiché i catalani di Open Arms sono fermi a Barcellona per rinnovo dei certificati, ai francesi di SOS Mediterranée è stato ritirata l’iscrizione al registro marittimo da parte di Gibilterra per la nave Aquarius, e le organizzazioni tedesche con la Lifeline sono bloccate al porto di Malta per motivi amministrativi da fine giugno.
Da gennaio a metà luglio di quest’anno sono almeno 1500 le persone morte nel Mediterraneo a seguito del naufragio di barconi… Salvare vite dovrebbe essere una priorità per Stati, associazioni, persone.

(Piero Confalonieri)