Le elezioni in Somaliland, banco di prova per la democrazia

Dopo 7 anni, si sono svolte nuovamente in Somaliland le elezioni presidenziali. Nonostante non sia ancora riconosciuto come Stato a livello internazionale, il Somaliland è considerato da molti una delle rare democrazie in Africa Orientale, a torto o ragione. In attesa dei risultati elettorali, la situazione è attualmente pacifica e non sono stati riscontrati episodi pericolosi.

15 novembre 2018 - Trovare un governo democratico nell’Africa Orientale è un’impresa ardua. Tuttavia, l’unico Stato della regione non ancora riconosciuto formalmente a livello internazionale viene ritenuto, a torto o ragione, il più democratico. La storia del Somaliland è strettamente legata a quella della vicina e caotica Somalia, e parte dal 1991, quando venne dichiarata l’indipendenza. Da allora, nel tempo, questo Stato si è dotato di una costituzione, di un governo, di un Parlamento e di un esercito, diventando una democrazia multipartitica. Le ultime elezioni presidenziali si sono svolte nel 2010, portando in carica il presidente Silanyo.

Proprio ieri, il popolo del Somaliland si è recato nuovamente alle urne, e resta attualmente in attesa del verdetto, previsto nel giro di una settimana. Dai nostri colleghi che lavorano nel Paese, ci arriva notizia che, come per le elezioni precedenti, anche queste ultime si sono svolte in modo pacifico, senza scontri o violenze. Un esempio di tutto rispetto per una regione che, invece, è costantemente segnata da forti ripercussioni legate alle votazioni.

Come si legge in un articolo uscito ieri su The Economist, “è l’assenza di un riconoscimento internazionale che conta di più. Muhammad Haji Ibrahim Egal, presidente del Somaliland dal 1993 al 2002, ha affermato nel 1999 che il riconoscimento sarebbe dipeso dal perseguimento del Paese della democrazia”. Questo ha fatto sì che il processo di democratizzazione partisse dal basso, ed “il contratto sociale tra il governo e i cittadini è diventato incredibilmente forte”.

Tuttavia, “questa narrazione romanticizzata (della democrazia in Somaliland, ndr) tende però a relegare in secondo piano le rivendicazioni separatiste interne e la scena politica tuttora permeata da divisioni tribali, dove donne e minoranze restano sotto rappresentate e libertà di espressione e stampa sono ancora relative. La fluidità degli appuntamenti elettorali e una disoccupazione giovanile stimata al 75% definiscono il quadro di un Paese che, pur avendo compiuto enormi passi verso un sistema di governo democratico, ha ancora molta strada da fare” afferma un articolo pubblicato su Affari Internazionali. Le votazioni che si sono svolte ieri, infatti, erano state più volte rimandate, soprattutto a causa della siccità che sta mettendo a dura prova il paese e che ha costretto moltissime persone a spostarsi. “Questi spostamenti di massa”, continua l’articolo, “complicano il processo di registrazione dei votanti, già di per sé critico a causa dell’elevato potenziale destabilizzante di un censimento che renderebbe di pubblico dominio le effettive dimensioni numeriche dei diversi clan di appartenenza.”

Restiamo dunque in attesa dell’esito finale di queste votazioni presidenziali, particolarmente delicate per l’uscita di scena del presidente Silanyo dopo 7 anni. Il banco di prova per il processo democratico è ancora aperto, e dovrà far fronte a sfide interne ed internazionali sempre più complesse.