Perù, dimissioni del Presidente della Repubblica: segno evidente di una crisi in atto

In Perù è in atto una crisi di governo per nulla inaspettata, che ha visto due giorni fa le dimissioni del Presidente della Repubblica. La crisi è legata ad una spirale di corruzione, gestione di fondi neri e concussione, che attraverso tutta l'America Latina. Quale sarà il futuro del Paese e della Regione?

23 marzo 2018 - Le dimissioni dell’altro ieri del Presidente della Repubblica del Perù, Pablo Pedro Kuczynski arrivano dopo molti mesi di indebolimento del consenso e della credibilità di questa persona e del suo Consiglio dei Ministri, ma anche di deputati di diversi gruppi parlamentari e funzionari pubblici.

Da più di due anni, tutta l’America Latina è attraversata –in realtà- dal ciclone generato da rivelazioni sul ruolo corruttore dell’impresa brasiliana Odebrecht in moltissimi paesi del sub-continente; l’origine viene dall'indagine “Lavajato” avviata in Brasile nel 2014 e che svelò un complesso sistema di riciclaggio di denaro che coinvolgeva la più grande impresa pubblica dell’America latina, la PetroBras, altre grandi aziende private soprattutto del settore delle costruzioni (tra cui appunto Odebrecht), politici di altissimo livello in Brasile e nei paesi vicini. Vari rappresentanti politici che hanno avuto ruoli di grande rilievo (tra i quali anche l’ex-presidente della repubblica del Perù, Ollanta Humala) appaiono implicati in presunte operazioni opache di corruzione, gestione di fondi neri, concussione. Nello specifico caso peruviano, lo scandalo Odebrecht ha creato un ‘effetto domino’ considerevole, soprattutto perché il Presidente della Repubblica si appoggiava già in partenza su una maggioranza parlamentare risicata e su una leadership abbastanza fragile, ed ha quindi apparentemente patteggiato ripetutamente con partiti politici o singoli deputati per non finire messo in minoranza. Secondo molti analisti politici, la recente dichiarazione di indulto per l’ex-presidente Alberto Fujimori (accusato di gravi violazioni dei diritti umani, peculato, corruzione e appropriazione indebita di risorse dello Stato) è parte appunto di uno scambio politico. Uno scambio che non è stato però sufficiente a mantenere una presidenza sotto attacco e che stava accumulando una serie di gaffes ed errori; va ripetuto però che questi, e in generale le indagini sulla corruzione, stanno mettendo sul banco degli accusati gran parte della classe politica peruviana di vario colore politico e generando un ampio sentimento di rifiuto e sfiducia generalizzata  tra la popolazione.

Con le dimissioni di Kuczynski, si è aperto un periodo molto delicato. Istituzionalmente, oggi venerdì 23 marzo si riunirà il Parlamento per la discussione e probabile ratifica delle dimissioni, passaggio previo per poi far subentrare alla carica il primo Vice-Presidente della Repubblica (si ricordi che il Perù è una repubblica presidenziale, quindi i governi sono di nomina dalla più alta carica dello Stato), ma la verifica parlamentare non sarà scontata. E soprattutto non è scontata l’accettazione da parte della popolazione.

La Conferenza episcopale peruviana in un comunicato emesso ieri 22 marzo, parla di un “processo sistemico di corruzione” che attraversa la sfera politica e di come si sia giunti ad un “punto di frattura politica che esige un nuovo inizio” che non sia solo una alternanza di governo ma “recupero morale ed etico del Paese a tutti i livelli”. In qualche modo, questa è una fotografia del sentimento che percorre buona parte della società peruviana, che negli ultimi vent’anni ha provato varie offerte politiche apparentemente diverse ma tutte accomunate da gravissime accuse di corruzione.  Da questa crisi insomma, difficilmente se ne potrà uscire solo con le dimissioni del Presidente e la sua sostituzione con un altro rappresentante di un ceto politico screditato, benché oggi nel Parlamento i deputati dei principali gruppi cercheranno questo. Questa crisi politica coincide con gli effetti di un rallentamento dell’economia peruviana dopo anni di ‘boom’, con i devastanti impatti di disastri naturali (terremoto nel centro-sud, inondazioni nel nord, ecc.)  e ampia è l’insoddisfazione verso un sistema politico troppo esposto agli interessi privati.