Quell'APE che non riesce a volare...

22 febbraio 2017 - A gennaio di quest’anno il quotidiano tedesco ‘Die Tageszeitung’ ha pubblicato un articolo con il titolo “Die Kunst des Unfairen Deals” ovvero l’arte degli accordi scorretti, apparso anche sulla rivista ‘Internazionale’ tradotto in italiano.

Si descrive brevemente ma con una lettura interessante, come l’insistente richiesta dell’Unione Europea verso la Comunità degli stati dell’Africa Orientale (East Africa Community, di cui fanno parte Kenya, Tanzania, Uganda, Ruanda, Burundi e Sud Sudan) per la firma di un Accordo di Parternariato Economico (APE o EPA, Economic Partnership Agreement) stia trovando molti ostacoli e creando –o rafforzando- una divisione profonda tra gli stati dell’EAC.

All’inizio di febbraio 2017 si sarebbe nuovamente dovuta realizzare la firma del trattato, ma nuovamente è slittata. Infatti se il Kenya e il Ruanda hanno firmato degli accordi bilaterali con l’Unione Europea a settembre 2016 e spingono gli altri paesi vicini per procedere alla firma dell’accordo regionale, il Burundi e la Tanzania sono estremamente restii da questo punto di vista. In particolare, la Tanzania teme che la liberalizzazione del commercio danneggerebbe lo sviluppo e la crescita industriale interna e “teme che le sue merci non possano competere con quelle importate dal’UE, se fosse costretta ad eliminare i dazi doganali”. Lo stesso rappresentante del governo tedesco per l’Africa, Günter Nooke, intervistato dal giornale, ha detto che bisogna stare attenti a “non smantellare con gli accordi commerciali quello che il ministero per lo sviluppo ha cercato di costruire”, intendendo dire che la ricerca di una coerenza tra politiche commerciali e di cooperazione è ancora una meta da costruire.

Inoltre,  questa trattativa sta minacciando lo stesso processo di integrazione regionale faticosamente costruito negli anni tra gli stati pur diversi ma che condividono un vasto territorio, ed una certa omogeneità economica e culturale. L'EAC ha istituito un'unione doganale nel 2005 che ha portato a tutti gli effetti una situazione di ‘zero tariffe’ negli scambi interni a partire dal 2010; nel luglio 2010, con un’accelerazione del processo di integrazione economica, ha ratificato un protocollo più ampio sul mercato comune. Infine nel novembre 2013, gli stati membri hanno firmato un protocollo per un’unione monetaria. Ma è chiaro che questa unione fiscale tra i cinque stati  verrebbe messa in discussione qualora solo alcuni di essi attuassero una politica di libero scambio con l’UE.

L’accordo dovrebbe garantire, secondo l’Unione Europea, il libero accesso al proprio mercato per i prodotti dei paesi EAC, in cambio di una graduale apertura fino all'80 per cento del mercato della regione per i prodotti europei.

 

Foto | @Transnational Institute via Flickr