Perché una Dichiarazione sui diritti dei contadini

18 gennaio 2016 - Sono i contadini il gruppi sociali più sottoposti a fame e malnutrizione. E sono anche tra i più sottoposti alle  discriminazioni politiche ed economiche. Eppure, i piccoli produttori agricoli hanno la chiave per risolvere molti dei problemi legati al riscaldamento climatico e alla scarsità di cibo incidendo sulla sovranità alimentare di ciascuno di noi.

Per questa ragione il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC) nel 2012 ha affermato la necessità di uno strumento di protezione internazionale ad hoc per agricoltori e comunità rurali dando vita ad un processo che, all’inizio del 2015, ha portato alla stesura della prima bozza della Dichiarazione dei diritti dei contadini e delle persone che lavorano nelle zone rurali (Declaration on the Rights of Peasants and Other People Working in Rural Areas).

L’obiettivo, ora, è fare pressione sugli Stati perché non minaccino questo processo e lavorino alacremente per pervenire a una dichiarazione pregnante e ambiziosa. In particolare in Europa, dove gli Stati aderenti all'Unione si sono dimostrati piuttosto riluttanti in tal senso.

Per questa ragione, Hands on the land for food sovereignty ha pubblicato una scheda informativa che spiega le motivazioni alla base della Dichiarazione e perché tale strumento è oggi assolutamente imprescindibile.

Secondo studi delle Nazioni Unite i piccolo produttori agricoli e gli altri lavoratori delle zone rurali rappresentano i due terzi del totale della popolazione mondiale affetta da povertà estrema e l’80% di questi non ha cibo a sufficienza. Le donne, poi, costituiscono il 60% di quanti soffrono di fame cronica. La comprensione delle cause della discriminazione è un punto chiave per l’affermazione concreta dei diritti dei piccoli produttori, tanto che l’UNHRC ha disposto una specifica commissione di esperti per comprendere il fenomeno. In particolare, le cause sarebbero da ricercarsi in primis in cinque fattori, spesso collegati alla globalizzazione, alla liberalizzazione dei commerci agricoli e al ruolo deleterio delle multinazionali:

  1. Espropriazione della terra e land grabbing;
  2. Discriminazione di genere;
  3. Assenza di una riforma agraria e di politiche rurali allo sviluppo, sui semi e sull’irrigazione;
  4. Mancanza di protezione sociale;
  5. Repressione e criminalizzazione dei movimenti per la protezione dei diritti delle persone che lavorano in aree rurali

Non da ultimo, poi, è analizzato l’abbacinante effetto dell.’abbattimento dei prezzi, devastante per i salari e la protezione sociale dei lavoratori agricoli; senza contare quelle riforme che, finalizzate a ridurre i sussidi all’esportazione, si sono rivelate invece insufficienti e inadatte a risolvere i problemi. Basti pensare a quei surplus di produzione che nei paesi ricchi  sono spesso esportati altri paesi. E’ il caso delle massicce importazioni di pollo congelato e di latte che stanno letteralmente invadendo i mercati africani, con ricadute distruttive per la piccola produzione locale. Né può dirsi vada meglio per i contadini di piccola scala europei, come evidenziato dalla crisi del latte nel 2009. Infine, sono proprio gli agricoltori i soggetti più vulnerabili ai cambiamenti climatici.

La discriminazione contro i contadini e le persone che lavorano nelle zone rurali, quindi, continua. La corsa globale alla terra e alle altre risorse naturali non fa che aggravare la situazione. Per questo, l’adozione di uno strumento giuridico internazionale è quanto mai necessaria. E urgente.  

Il 27 settembre 2012, dando fiato a questo bisogno impellente, l’UNHRC  ha adottato ufficialmente la risoluzione per la creazione di un "gruppo di lavoro intergovernativo aperto, con il mandato di negoziare, finalizzare e presentare una bozza di Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle aree rurali." Il lavoro di questo gruppo intergovernativo si basa su una dichiarazione de La Via Campesina, il più grande movimento contadino del mondo, sulla base di una consultazione generale con le organizzazioni associate. Ad oggi, due sessioni si sono svolte. La terza è prevista per il prossimo mese di giugno.

E’ un processo molto importante, questo, che riguarda noi tutti. Il diritto alla terra, ai semi, ai mezzi di produzione, tra cui l’acqua, e alla sovranità alimentare, infatti, sono diritti essenziali, garanzia di una vita dignitosa per i piccoli produttori ma si mescolano strettamente anche al più ampio principio della sovranità alimentare.

Tuttavia, il processo per la definizione e l’adozione della dichiarazione rischia di essere minato dai paesi ricchi, in particolare dagli Stati Uniti e dagli Stati Europei. Questi ultimi, in particolare, si sono dapprima opposti alla risoluzione dell’UNHRC per la creazione di un gruppo di lavoro intergovernativo e, successivamente, si sono astenuti dal voto sulla proroga del mandato di lavoro.

Ora è il momento di fare pressione sugli stati membri dell’UE perché si impegnino attivamente nei negoziati.  

Secondo Olivier De Schutter, ex Relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo, ci sono quattro ragioni principali per cui è essenziale adottare un nuovo strumento internazionale che tuteli i diritti dei contadini:

  1. Il diritto internazionale lo richiede;
  2. Può essere un tassello decisivo nella lotta alla fame;
  3. E' uno dei migliori mezzi per assicurare che l'agricoltura di piccola scala non venga sostituita da quella industriale;
  4. Aumenterà l'accesso ai mezzi di produzione nelle zone rurali.

L'ex Relatore speciale delle Nazioni Unite ha anche evidenziato che l’adozione di una Dichiarazione sui diritti dei contadini aumenterebbe la visibilità di altri diritti già riconosciuti dalla giurisdizione internazionale, contribuendo a promuovere nuovi diritti, come quello alla terra, ai semi e al risarcimento per le perdite dovute alle sovvenzioni agricole di cui godono gli agricoltori in altre paesi.

Fonte | Hands on the land for food sovereignty