Terra Nuova e i mercati

Dagli anni ‘70 Terra Nuova realizza interventi nel settore della sovranità alimentare e dell’agricoltura familiare a favore di un modello di agricoltura contadina e di piccola scala, ad oggi il modello più diffuso nel mondo e che garantisce la sopravvivenza di intere comunità nel sud del pianeta. Le attività di Terra Nuova, svolte in vari paesi dell’America latina, dell’Africa tendono a mettere in relazione gli attori sociali alla base di questo modello con le realtà Italiane ed Europee, in quanto protagonisti di sfide simili di fronte all’industrializzazione agroalimentare. L’agricoltura industriale pilotata dalle regole del commercio e dalle multinazionali del settore ha rivoluzionato il nostro sistema alimentare nel corso del XX secolo portando conseguenze negative sul modello contadino nel Nord come nel Sud del mondo. La perdita di biodiversità, la degradazione dei suoli, il furto delle risorse, dei saperi, dell’autonomia ed infine della resilienza dei sistemi agricoli contadini sono aspetti che, uniti alla fame alla malnutrizione e all’impoverimento delle diete, emergono oggi drammaticamente e sono in parte oggetto dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Come sostenere l’agricoltura familiare, quando i problemi sono talmente strutturali ed acuiti dal cambiamento climatico, dalle pandemie, dalle guerre?
Tanti progetti finanziati dalla cooperazione internazionale hanno facilitato il ritorno alla diversificazione produttiva delle piccole aziende contadine e l’adozione di pratiche agro ecologiche riducendo i rischi derivati dalla perdita del raccolto (se l’azienda si basa solo su una specie, come il mais o l’olivo, e quell’anno crollano le rese per una patologia delle piante, sei indebitato) e aumentando la produzione; ma se poi non si riesce a vendere il prodotto oppure i prezzi di vendita non coprono i costi?
Serviva e serve uno sguardo più ampio, che certo rafforzi gli agricoltori su piccola scala nella loro sostenibilità ambientale ed economica, ma che permetta loro di collocare i raccolti, meglio se minimamente lavorati e non allo stato grezzo, sui mercati locali a prezzi giusti che riconoscano il lavoro, il rischio e la dignità di chi lavora la terra e offre cibo sano ai consumatori. La questione di come garantire un reddito equo diviene una questione fondamentale, come quella del rispetto dei diritti dei lavoratori, contro ogni sfruttamento, e soprattutto il diritto tra quelli più violati al mondo, il diritto al cibo.
A partire dal 2009, le piattaforme dei movimenti contadini a livello globale e la società civile, hanno portato avanti presso il Comitato di Sicurezza Alimentare Mondiale (CFS)[1], la piattaforma internazionale e intergovernativa più inclusiva nel campo della sicurezza alimentare e della nutrizione, che integra rappresentanti di governi, agenzie ONU, società civile, popolazioni indigene, istituzioni finanziarie e di ricerca, fondazioni filantropiche e settore privato, una forte azione per un cambio di paradigma su diversi temi importanti per l’agricoltura contadina, tra cui quello dei mercati.
Sul tema dei mercati i movimenti, in particolare La Via Campesina[2] ed il ROPPA (Réseau des Organisations Paysannes et de Producteurs de l’Afrique de l’Ouest[3]) hanno chiarito che non si tratta solo dell’accesso ai mercati per gli agricoltori di piccola scala (smallholders) sviluppando un concetto innovativo: quello dei “mercati territoriali “. Mercati regionali, transregionali, nazionali o locali che rispondono a logiche diverse rispetto all’agroindustria e alle catene del valore globale (global value chains) e che non sono affatto marginali, come si potrebbe pensare. Questi mercati di fatto convogliano il 70% del cibo consumato nel mondo e sono fondamentali per garantire la sicurezza alimentare ed il diritto al cibo in molte regioni del mondo, ed in particolare in Africa subsahariana. Questi mercati, invisibili e poco studiati, garantiscono in genere una distribuzione più equa dei margini di profitto sui prodotti commercializzati, con maggiore ridistribuzione della ricchezza a livello locale, garantiscono una maggiore varietà dei prodotti, legati alla stagionalità, e hanno funzioni non solo economiche, ma anche sociali, culturali ed ecologiche. Inoltre, si basano spesso su sistemi di governance partecipativa, con regole condivise e negoziate, e sono sostanziati da legami di solidarietà e scambio.
Dal processo di negoziazione delle raccomandazioni politiche al CFS su “Connecting Smallholders to Markets”[4] sono scaturite quindi indicazioni di lavoro, approvate nel 2016 da tutti i governi che aderiscono al sistema delle Nazioni Unite e dalla stessa FAO, per dare maggiore visibilità a queste realtà e migliorarne la conoscenza, in modo da favorire l’approvvigionamento di alimenti legati ai sistemi alimentari territoriali. Una prima esortazione: raccogliere dati, con una metodologia comune, per capire come davvero funzionano i sistemi agroalimentari locali. La FAO ha dato seguito a questa raccomandazione cercando di mettere in atto una metodologia partecipativa, condivisa con le organizzazioni contadine, come La Via Campesina e Roppa, insieme con le altre organizzazioni e movimenti che partecipano alle dinamiche FAO ed accompagnate da Terra Nuova in questo processo.
Terra Nuova continua ad appoggiare le organizzazioni contadine nell’applicazione di questa metodologia di raccolta dati sui mercati territoriali, come ha già fatto in Senegal, Somaliland, Repubblica Democratica del Congo e Perù.
Riteniamo questo sforzo molto importante perché parte della piattaforma di advocacy che le organizzazioni stesse possono mettere in atto nei confronti delle istituzioni e dei loro governi, per reclamare politiche pubbliche in difesa delle economie locali, che passino per i mercati territoriali.
Dal 2024, Terra Nuova facilita un gruppo di lavoro sul tema del commercio, mercati e reddito, anche all’interno dell’International Planning Committee on Food Sovereignty (IPC), piattaforma di interfaccia dei movimenti con la FAO.
Nel giugno del 2024 è iniziata una collaborazione con l’ong spagnola Justicia Alimentaria e organizzazioni della Repubblica Dominicana, per accompagnare un esercizio di analisi partecipata di due mercati territoriali, uno nella provincia di Azua e l’altro nella provincia di Elias Piña. L’obiettivo è quello di rafforzare le capacità di analisi, di proposta e advocacy delle organizzazioni contadine locali, a favore di politiche, investimenti ed iniziative che facilitino l’approvvigionamento con i prodotti dell’agricoltura familiare dominicana, per la popolazione. Purtroppo anche in questo Paese, la transizione verso stili alimentari dove predominano gli alimenti confezionati, composti prevalentemente da zuccheri, sali, conservanti e coloranti (la cosiddetta junk food), porta con sé da un lato, aumento delle persone in sovrappeso e obesità, con correlato di problemi medici, dall’altra l’indebolimento dei sistemi alimentari contadini, con le loro ricette tradizionali, prodotti delle diverse regioni ecologiche e stagioni del Paese. Affrontare contemporaneamente queste due facce della stessa moneta, è complesso ma indispensabile. Per questo motivo abbiamo accettato la sfida che ci porterà a stare nel paese con varie visite di campo che hanno come obiettivo l’elaborazione entro la metà del 2025 di un documento di studio che verrà diffuso e presentato ad autorità pubbliche, istituzioni e agli stessi attori locali con il fine di sensibilizzare e promuovere nel Paese un sistema di produzione, vendita e consumo agroalimentare rispettoso dei diritti umani, dell’ambiente e delle/degli stessi produttori/produttrici famigliari.