Il Covid-19 provocherà un aumento dell'insicurezza alimentare

Credits: Oxfam East Africa

Il mondo sta combattendo il Covid-19 da ormai cinque mesi, e la battaglia sembra essere ancora all'inizio.

Si tratta di una crisi senza precedenti nella storia recente del globo. Una crisi che, a dispetto della retorica buonista che ancora va per la maggiore, colpirà le fasce più deboli e aumenterà i divari tra classi sociali, sia a livello nazionale che internazionale. Uno degli aspetti più evidenti e critici della disparità di risorse, e della conseguente capacità di fronteggiare la crisi da Covid-19, è quello della sicurezza alimentare.

La situazione era drammatica anche prima dell'irrompere del SARS-CoV-2 nelle nostre vite. L'ultimo rapporto SOFI della FAO, pubblicato a ottobre 2019, ha certificato che circa 820 milioni di persone nel mondo soffrono di insicurezza alimentare. Di questi, 113 milioni sono in stato di insicurezza alimentare grave.

La FAO su un punto è stata chiara: se il Covid-19 dovesse diffondersi in maniera importante nelle 44 nazioni che hanno bisogno di assistenza alimentare dall'estero, o nei 53 paesi dove vivono i 113 milioni di cui sopra, le conseguenze sarebbero drammatiche.

La crisi che stiamo vivendo è senza precedenti per la sua ampiezza, per la sua velocità e per l'incertezza sul futuro che ci prospetta. Le stime sul calo del Pil mondiale cambiano - in peggio - settimana dopo settimana. A inizio marzo l'OCSE stimava un calo dello 0,5% (dal 2,9% al 2,4%) e prevedeva, come scenario peggiore, un calo dell'1,5%. Ad oggi, dopo la forte diffusione del virus in Europa e negli Usa e un calo epocale del prezzo del petrolio, le stime sono state riviste: si stima un calo del 3% del Pil globale (l'Italia arriverà addirittura al -9%).

In tutti i futuri scenari possibili, le fasce maggiormente colpite saranno quelle più povere e vulnerabili: la scarsità di risorse su cui possono contare le rende più esposte. Una fragilità tanto più grave quanto più durerà la crisi: se dovesse protrarsi a lungo sarebbe molto probabile un aumento dei prezzi delle derrate alimentari e un'instabilità nelle catene di rifornimento delle stesse. Le più esposte sono le regioni che stanno già fronteggiando altre crisi, come guerre (Siria, Libia) o carestie (il Corno d'Africa e l'Africa Orientale alle prese con l'invasione delle locuste). Inoltre, con ogni probabilità i paesi più ricchi destineranno una quota maggiore delle loro risorse alimentari per i consumi interni, con una prevedibile diminuzione della parte destinata ai contributi per gli Official Development Aid (ODA) destinati ai paesi in maggiore difficoltà.

L'attuale crisi sanitaria si rifletterà sui sistemi alimentari in maniera diretta - attraverso la diminuzione dell'offerta e della domanda di derrate alimentari - e indiretta, a causa del decremento del potere d'acquisto e della capacità di produrre e distribuire alimenti. Il passo dalla crisi sanitaria a quella economica è breve (e già in atto).

Questa crisi sarà probabilmente diversa rispetto a quella del 2008, che aveva visto un'impennata dei prezzi dei generi alimentari. Finora i prezzi non sono saliti di molto, ed è possibile che anche nel prossimo futuro la situazione potrebbe rimanere tale. Il punto però sarà il calo della domanda: le persone avranno meno risorse e quindi un accesso al cibo più limitato (e comunque a cibo di minor qualità e inferiore apporto calorico). Il che comporterà una serie di effetti a cascate sull'intero comparto (oltre che, ovviamente, sulla salute alimentare).

Ecco perché le preoccupazioni sono forti anche sul lato dell'offerta e della distribuzione di cibo. Sebbene ad oggi le catene di distribuzione abbiano retto, più o meno bene, l'urto della crisi, si sono già verificati episodi d'interruzioni e di difficoltà nelle forniture. Finora sono state causate per lo più dal panico e dalla paura delle persone, che ha provocato fenomeni di accaparramento. Se la crisi dovesse durare molto, però, è possibile che simili interruzioni divengano sempre più frequenti e prolungate, specie nei paesi dove si viveva già una situazione di insicurezza alimentare.

Si potrebbe inoltre assistere a un cambio generalizzato delle abitudini alimentari, a discapito della qualità. Ad esempio, le persone potrebbero optare sempre di più per l'acquisto di alimenti a lunga conservazione o in scatola, che hanno un minor valore nutrizionale (e di sicuro non favoriscono i piccoli agricoltori). Simili cambiamenti avrebbero conseguenze anche sul sistema globale di fornitura e distribuzione delle derrate alimentari, che sarà inoltre condizionato dall'incertezza sulla durata della crisi e sulla sua gravità.

Ecco perché è necessario attivare un coordinamento globale per rispondere all'aumento dell'insicurezza alimentare dovuta alla crisi da Covid_19, che abbia come priorità fornire un'assistenza di base sul breve periodo, e il sostegno ai mezzi autonomi di sussistenza nel lungo termine.

Fondamentale sarà anche il ruolo dei governi, che con le loro politiche dovranno prestare attenzione alla questione della sicurezza alimentare, sia nei rispettivi ambiti nazionali sia in una prospettiva internazionale di cooperazione.

La sfida che si prospetta è epocale, ed è solo agli inizi. Se anche stavolta non saremo in grado di fornire una risposta che non lasci nessuno indietro, le conseguenze potrebbero essere imprevedibili.