Da Formia, una proposta per la pastorizia italiana

14 novembre 2016 - Il 24 Ottobre a Maranola (Formia, LT), nell’ambito del Festival “Approdi” sulle culture migranti, Terra Nuova ed APAC (Alleanza dei Pastori Aurunci e Ciociari), con il supporto della campagna Hands On The Land, hanno organizzato un'importante conferenza dal titolo "Con lo sguardo sui monti: pastoralismo e sovranità alimentare", in cui si sono pronunciati un nutrito gruppo di esperti ed esponenti delle istituzioni, analizzando il fenomeno con approccio multidisciplinare.
Pubblichiamo un resoconto pubblicato proprio dall'APAC.

 

Il fiore all’occhiello dell’evento è stata la partecipazione di Francisco Javier Colmenarejo Martin, presidente della Federazione Statale Spagnola dei Pastori e rappresentante della Rete Allevamento Estensivo e Transumante.

”L’esperienza spagnola ci ha insegnato moltissimo” racconta Giuseppe Ferrari Presidente dell’APAC, “è incredibile come la nostra controparte iberica sia stata capace, in pochi anni, di creare un proprio sindacato, ottenendo il rispetto delle autorità locali. Addirittura sono riusciti a ottenere delle sorte di ‘carte verdi’ che li autorizzano a vendere il formaggio in casa, senza particolari impedimenti burocratici, tranne che per i necessari controlli sanitari sul bestiame”.

Ad aprire il Convegno è stato l’intervento dell’antropologo Dario Novellino del Centro per la Diversità Bioculturale dell’Università di Kent (GB), che ha riassunto le criticità e potenzialità del pastoralismo negli Aurunci ed in Ciociaria, sintetizzando i punti messi a fuoco dagli stessi pastori in una riunione a porte chiuse, avvenuta il giorno precedente. L’intervento ha spaziato a 360 gradi sulle problematiche più impellenti: dagli incendi boschivi, alle cosidette fide pascolo (contratti di affitto per l’accesso ai pascoli), alle preazione da parte di fauna selvatica sul bestiame, alla necessità di aprire dei veri e propri caseifici in montagne.
“La possibilità di commercializzare e pubblicizzare produzioni tipiche locali (carni e formaggi) sarebbe un grande volano per la promozione turistica del territorio aprendo la strada per la protezione delle produzioni locali come marchi DOP o IGP, per la creazione di nuovi presidi “Slow Food” e fattorie didattiche. In presenza di caseifici e laboratori rispondenti a tutti i requisiti legali, i pastori potrebbero accedere a importanti finanziamenti comunitari in materia di progetti di filiera integrata” afferma Novellino. “Ma è necessario rendere il territorio fruibile e ‘presentabile’. Non è più pensabile che turisti ed escursionisti prima di entrare nel Parco, dal lato di Maranola, siano accolti da una montagna di rifiuti abbandonati lungo la strada, a pochi metri da località Campo Vortice. Non è un bel biglietto da visita per chi vuole venire a trovarci e desidera investire in questo territorio”.

Sul tavolo degli imputati, ancora una volta, le istituzioni (Comune, Parco Naturale dei Monti Aurunci e Comunità Montana) per la pessima gestione del comprensorio montano e l’incapacità di dare una svolta reale alla montagna ponendola al centro di uno sviluppo del territorio, realmente sostenibile. A riprova di tutto ciò è lo stato di abbandono in cui versa la strada che da Maranola conduce a località “Canale”, per non parlare poi dei sentieri (anche quello che si snoda fino al Santuario di San Michele) dove le staccionate ormai logore e abbattute non svolgono più alcuna azione di protezione per il viandante.

L’intervento del Dott. Claudio Di Giovannantonio dell’ARSIAL (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricola del Lazio) sulla salvaguardia delle razze autoctone del Sud Pontino e Ciociaria ha aperto gli orizzonti del convegno sul concetto di ‘Bioterritorio’, ovvero un habitat in cui razze locali, perfettamente integrate in un sistema di agricoltura tradizionale, hanno potuto evolversi ed essere selezionate nel tempo. Come messo in evidenza da Di Giovannantonio: la riduzione di radure e affermazione del ‘forteto’ (sviluppo di macchia arbustiva fitta) ha causato, soprattutto in quota, la perdita di biodiversità naturalistica e la riduzione di nicchie ecologiche adatte alla sopravvivenza di molte specie. Non a caso I pastori dell’APAC lamentano, da tempo, la riduzione delle radure per il pascolo in montagna, e chiedono alle istituzioni oculati interventi di silvicoltura, atti a sfoltire i boschi che, oggi, privi di qualsiasi manutenzione, tendono a chiudersi e a diventare sempre più secchi.

L’apertura di nuove aree per il pascolo, sostiene l’APAC, avrebbe un impatto positivo non solo per gli animali da pascolo ma anche per la biodiversità del territorio. A questo riguardo, nel corso della conferenza, l’assessore (Cultura, Ambiente e Attività Produttive del Comune di Formia) Maria Rita Manzo ha informato i partecipanti che e’ in fase di discussione un “piano di assestamento forestale” per ripristinare la gestione periodica delle aree pascolive e dei boschi comunali, rendendo nuovamente produttivi quelli cedui. La proposta si basa su uno studio commissionato da un’azienda di Torino che sembra sostenere che il carico di bestiame sul territorio di Formia sia superiore alla aree rese disponibili per tale uso e, pertanto, propone una riduzione del periodo di pascolamento e una ‘calendarizzazione’ dello stesso. La notizia circa il presunto ed eccessivo carico di bestiame sul comune di Formia, ha lasciato perplessi i pochi pastori residenti sul territorio che sono, infatti, pochissimi, circa cinque famiglie!

Sebbene la biodiversità agricola del Lazio e custodita dalle comunità locali sia protetta dalla Legge Regionale n.15 del 1 Marzo 2000, le istituzioni fanno ben poco per sradicare alcuni dei problemi che la minacciano. Ne ha parlato durante la conferenza il Dott. Michele De Meo, sottolineando appunto i danni consistenti causati dal cinghiale alle coltivazioni nonché alle opere murarie, quali i muretti di contenimento dei terrazzamenti montani, vere e proprie opere di ingegneria idraulica la cui salvaguardia è indispensabile per garantire il buon assetto idro-geologico del territorio.

E’ ormai evidente che i cinghiali del nostro territorio, in buona parte, non sono più quelli autoctoni ma bensì specie di taglia più grande e altamente prolifici, introdotti susseguentemente dai cacciatori. Unitamente a questi, si associano ibridi di cinghiali, incrociati con i maiali, dalle colorazioni del manto alquanto strano e perfino pezzati. Ha dimostrarlo sono le immagini catturate da Franco Mattei (Segretario Nazionale APAC) con foto trappole, in varie parti del territorio e soprattutto a Lenola. Tali immagini, mostrate al convegno, hanno messo in evidenza anche l’esistenza di incroci tra lupo e cane, una vera’ calamità per le mandrie dei pastori, che lamentano la crescente difficoltà ad ottenere risarcimenti adeguati dall’Ente Parco.

Secondo Claudio Di Giovannantonio il modo più efficace per contrastare il cinghiale consiste nel creare un’efficace competizione alimentare reintroducendo specie autoctone (in particolare suini ed equidi) – allevati allo stato semi-brado - negli areali di elezione del cinghiale.

Il Prof. Luigi Esposito dell’Università Federico II di Napoli, ha parlato anch'egli della necessità di integrare le attività di produzione animale all’interno delle aree protette. Il lavoro proposto da Esposito all’interno del Comprensorio del Parco Naturale dei Monti Aurunci è ambizioso: “Innanzitutto” dice Esposito “anche per dare una risposta all’istanze sollevate dei tanti allevatori di animali allo stato brado/semi-brado, bisognerebbe identificare esattamente la presenza di canidi, i loro numero, valutarne il raggio d’azione, l’incidenza di eventi riproduttivi (non ancora ben identificati), individuando i fenomeni di predazione, e giungere, così, ad un eventuale valutazione dello stato genetico di tali animali”. Da poco i pastori dell’APAC hanno firmato un accordo con l’Università di Napoli proprio per appoggiare la ricerca in corso, nella speranza di arrivare a dati conclusivi sul tipo di canidi che ormai, a partire dal 2004, ha intensificato gli attacchi sul loro bestiame in particolare puledri, vitelli e ovicaprini.

Sicuramente uno dei punti maggiormente condivisi da tutti i relatori è la considerazione che la valorizzazione economica e culturale dei prodotti tradizionali deve andare di pari passo con la riqualificazione ambientale del territorio rurale. Di questo ne ha parlato anche una rappresentante della rete consumatori Formigas e, non a caso, Paola de Meo, la rappresentante di Terra Nuova, l’ONG che ha co-organizzato l’evento, è convinta del fatto che “gli enti locali devono restare un attore fondamentale di governo del territorio, per promuovere la multifunzionalità e l’innovazione in ambito rurale, innescando processi partecipativi di gestione e uso delle risorse”.

Secondo Di Giovanniantonio, l’abbandono dei pastori al loro destino tradisce, infatti, gran parte delle declaratorie dei modelli di sviluppo locale. Ciò nonostante, il nuovo quadro legislativo apre ad una serie di opportunità da non perdere. Infatti, tra gli obiettivi elencati nella attuazione della legge nazionale n. 194 del 01/12/2015 - GU n. 288 11/12/2015 c’e’ proprio quello di far nascere sugli Aurunci la prima comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo ed alimentare del Lazio (art.13). E’ anche in riferimento a questi nuovi e favorevoli sviluppi che l’intervento del veterinario ASL-Sud Pontino, Sergio Mallozzi, circa il ruolo e la responsabilità dei pastori nel tutelare i consumatori, va preso in seria considerazione. Ottimi consigli sulla caseificazione artigianale e commercializzazione dei formaggi sono stati suggeriti anche da Nunzio Marcelli, Direttore Cooperativa ASCA, che ha fatto il punto della situazione circa l’esperienza abruzzese.
Le aziende ovi-caprine nel parco naturale dei Monti Aurunci sono circa 127 e, potenzialmente, le politiche pubbliche potrebbero incidere in modo rilevante sui processi di valorizzazione degli aspetti multifunzionali dell’attività agricola.

Ad esempio, il Prof. Marcello De Rosa, dell’Università di Cassino, nel corso del Convegno, ha messo in evidenza come le pubbliche amministrazione potrebbero giocare un grande ruolo incrementando il numero di contratti di collaborazione con le aziende agricole per la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari locali. In aggiunta a questo, dice De Rosa, “si potrebbero affidare in appalto ad imprese locali la realizzazione di opere pubbliche per la manutenzione del territorio, la cura dell’assetto idrico e la salvaguardia del paesaggio agrario e forestale”.

Il difficile rapporto tra fauna selvatica e animali da pascolo è stato messo in evidenza anche da Verdiana Morandi, soprattutto in riferimento alle aggressioni degli orsi sulle pecore. Durate il convegno Morandi, rappresentante dei Pastori Del Triveneto, ha ribadito che il mondo della pastorizia non è incluso nei processi decisionali, “ecco perchè” dice Morandi “in tutta Europa, ci stiamo organizzando in federazioni, stiamo costruendo reti regionali e stiamo ottenendo il riconoscimento internazionale di istituzioni importanti. Ciò che chiediamo alle istituzioni e’ il riconoscimento della peculiarità’ del nostro lavoro e dei suoi specifici bisogni. Non vogliamo essere accorpati al convenzionale allevamento intensivo che ha problematiche e dinamiche ben diverse dalle nostre”.

Morandi, nella sua presentazione, ha anche messo in evidenza come, in varie regioni, “l’appropriazione fondiaria” (land grabbing) da parte di grandi imprese blocca l’accesso ai pascoli dei veri pastori interferendo sulla mobilità delle greggi stesse.

Nel corso della conferenza, le richieste che i pastori hanno rivolto ai politici sono all’insegna della chiarezza e della concretezza: 1) il riconoscimento della peculiare natura dell’attività pastorizia, 2) uno snellimento della burocrazia per la realizzazione di caseifici in montagna e nei luoghi di produzione, 3) l’adozione di misure che assicurino prezzi equi per carni e formaggi di pregio ed un sistema di etichettatura che permetta di distinguere la tipicità e l’origine di questi prodotti in un mercato sempre più competitivo, 4) una serie di misure di protezione delle greggi dai grandi carnivori, soprattutto lupi e suoi ibridi, il cui numero appare in aumento, 5) riduzione selettiva dei cinghiali che non danneggiano solo le aree coltivate ma anche I pascoli, 6) l’ottenimento di fide pascolo anche nei territori invernali, situati più a valle, dove la pastorizia è in larga parte vietata a causa di incendi verificatesi in anni precedenti, 7) opere mirate di silvicoltura per una gestione adeguata dei boschi con opere di sfoltimento e creazione di aree pascolive, 8) l’inclusione dei pastori nei processi decisionali che riguardano tanto loro, quanto le aree nelle quali allevano i propri animali.

“E’ ovvio, però” dice Novellino, “che la valorizzazione dei prodotti tipici non è una condizione sufficiente per facilitare il superamento delle difficoltà di entrare in un mercato competitivo che non sempre tiene conto delle specifiche esigenze delle piccole realtà produttive. C’è bisogno di politiche agricole adeguate a favore dei pastori e dei piccoli contadini”.

In questo senso, a conclusione del Convegno, l’intervento di Sergio Cabras ha fatto il punto della situazione sulla Campagna popolare per l’Agricoltura Contadina, promossa da una rete di associazioni e contadini che si arricchisce, giorno dopo giorno, di nuove adesioni. La campagna chiede al Parlamento di lavorare ad una Legge quadro sulle agricolture contadine e sottolinea alcuni punti fondamentali tra i quali: a) il riconoscimento dei caratteri, delle funzioni socio-economiche e delle pratiche fondanti le agricolture contadine; b) la centralità della figura di coltivatore diretto; c) il supporto a questo modello produttivo, economico e sociale attraverso norme di accesso alla terra: l'affitto delle terre demaniali, forme di credito adeguate alle piccole realtà ed alle esperienze collettive di economia solidale, facilitando nuovi insediamenti di giovani e adulti senza lavoro ricchi di progettualità ma poveri di capitali.

“La strada per l’approvazione della legge sull’agricoltura contadina” dice Cabras “è ancora tutta in salita, ma è soltanto una questione di tempo e dipende anche del verificarsi di condizioni politiche favorevoli”. E’ ovvio che il varo di questa legge rappresenterebbe una chiave di svolta anche per il mondo della pastorizia che, qui da Maranola (Formia), ha lanciato il suo S.O.S.

Qui alcune foto dell'evento.