Diritti dei migranti: Ripensare in maniera strutturale il sistema di accoglienza

25 febbraio 2016 - Essere migrante, oggi, spesso corrisponde a essere recluso nei CIE o espulso a causa di leggi discriminatorie; ad essere maltrattato e abbandonato in centri di accoglienza oppure sfruttato nelle campagne dove impera la legge del caporalato o del “mors tua vita mea”. E’ questo il quadro che emerge dal rapporto “Accogliere: la vera emergenza”, il rapporto di monitoraggio della campagna Lasciateci Entrare su accoglienza, detenzione amministrativa e rimpatri forzati, presentato questa mattina a Roma e in cui si denuncia che il “sistema in Italia non funziona e va ripensato in maniera strutturale”. Non solo: la gestione dell’emergenza migranti è “grave anche sul piano della trasparenza e della gestione degli appalti e dei servizi.” Per questo, nel documento campeggiano anche le “mancate-risposte” delle 106 Prefetture e del Ministero dell’Interno alle richieste ufficiali di accesso gli atti inviati da Lasciateci entrare, Cittadinanzattiva e Libera.

 “Sotto la parola accoglienza – si legge nel rapporto - nel nostro Paese si cela un mondo che ha poco a che fare con i diritti umani, mentre ha molto a che fare con l’illecito, con il business dell’immigrazione, con truffe, frodi e peculato.” E, in effetti, leggere le pagine del documento è, in alcuni punti, veramente doloroso.

Il senso di furiosa impotenza che aleggia di fronte ai tanti, troppi casi di abusi che vengono descritti, va al  di là di qualunque giudizio morale. Perché addentrarsi nelle pagine del rapporto significa spesso scivolare in una spirale infernale di racconti dell’orrore,  incomprensibili e violenti come il caso della 16enne nel centro di Pedivigliano, in Calabria, rinchiusa per mesi nella struttura con 28 uomini senza che nessuno la trasferisse prima dell’intervento del personale di Lasciateci entrare. Un altro caso “anomalo” descritto nelle pagine del rapporto riguarda 66 ragazze nigeriane nel centro di Ponte Galeria, vicino Roma. Arrivate in Italia dalla Libia su un barcone senza pagare il viaggio, portavano sul corpo i segni di violenze, abusi e ricatti psicologici. “Per mesi in fuga attraverso la Nigeria, il Niger, la Libia, alcune detenute e violentate anche dalla polizia nelle carceri di Zwara, erano attese in Sicilia per essere immesse nel mercato della tratta. Nessuno a Pozzallo, a Siracusa o a Lampedusa le ha informate che potevano fare richiesta di asilo. Eppure qualcuna di loro ha ustioni talmente evidenti che è quasi impossibile nasconderle con gli abiti.”

Il parallelo con un girone infernale, poi, pare essere ancora più aderente ove si pensi che spesso quello dei CIE, dei CARA, ecc. è un mondo blindato in cui a volte è impossibile entrare, se non attraverso la mediazione e la presenza di qualche politico. Chiaramente, dove il quadro non è immacolato ed esiste la vergogna è meglio essere il più lontano possibile dai riflettori.

“I centri di accoglienza, sono inospitali per natura e per ciò che rappresentano. I panni stesi tra le grate alle finestre visti dal di fuori della rete metallica e il freddo lungo i corridoi ricordano più un centro di detenzione. Si sente costante un’aria di provvisorietà in un’attesa infinita del permesso di restare. Un continuo vivere alla giornata dentro una politica dell’emergenza che da anni, ormai, ha fatto radici.”

“Nonostante anni di denunce, l’accoglienza non riesce a garantire i diritti minimi dei richiedenti asilo. Anzi, talvolta gestiscono i centri di accoglienze le stesse persone che sono già state denunciate”. Yasmine Accardo, responsabile nazionale territori della campagna Lasciateci Entrare e co-autrice del rapporto, ci ha così spiegato: “Il regime hotspot ha ulteriormente aggravato la situazione con la violazione di quasi tutti i diritti dei migranti. Identificati sommariamente, compilano un modulo senza informativa e di difficile comprensione anche perché la voce “richiesta di asilo” si trova alla fine dell’opzione “altro”. La maggior parte dei migranti finisce in strada, con un foglio di respingimento, a vagare per l’Italia. E’ questa un’accoglienza minima che favorisce la periferizzazione dei centri e lo sfruttamento dei migranti da parte dei caporali oppure li induce a entrare nelle strade dello spaccio e della prostituzione. Le istituzioni, poi, non rispondono fino a sembrare in alcuni casi quasi conniventi.”

Tuttavia, esiste anche qualche sporadico caso positivo, come quello di Teano in provincia di Caserta, in cui “il coinvolgimento dell’ente locale ha permesso che i migranti vivessero insieme alla comunità teanese, svolgendo attività tra le più varie organizzate insieme ai cittadini.”