Colombia: continua la mattanza dei difensori dei diritti umani

In Colombia i difensori dei diritti umani assassinati sono sempre di più. Secondo il rapporto annuale dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite nel 2018 ne sono stati uccisi almeno 113.

Secondo alcune fonti nazionali colombiane, però, i numeri sono ancora più drammatici. L'Istituto Nazionale di Medicina Legale della Colombia, ad esempio, il 15 maggio ha divulgato un rapporto secondo cui dal primo gennaio 2018 al 30 aprile 2019 sono stati assassinati 317 difensori.

Le cifre sono tanto più preoccupanti se si guardano in una prospettiva storica. Secondo i dati del Programa Somos Defensores (organizzazione colombiana che raggruppa realtà e associazioni che si battono della difesa delle persone in pericolo per la loro attività politica o sociale), i difensori dei diritti umani uccisi nel 2018 sono stati 155, il che equivale a un incremento del 46,22% rispetto al 2017. Per di più, Somos defensores specifica che nel suo rapporto annuale per il 2018, intitolato "La Naranja Mecanica", sono stati inseriti solamente i delitti per i quali è stato possibile reperire dati certi. In sostanza, è altamente probabile che molti altri delitti siano stati commessi, ma che non sia stato possibile registrarli.

In 26 dei 32 Departamentos (divisioni amministrative che si possono paragonare alle le nostre regioni) in cui si divide il paese latino-americano sono stati commessi delitti ai danni di attivisti e difensori. Quelli più colpiti sono stati i Dipartimenti di Cauca, Norte de Santander, Valle del Cauca, Antioquia e Caquetà. Questi ultimi due sono stati i più colpiti, rispettivamente con 18 e 14 casi.

Si brancola nel buio per quanto riguarda i presunti responsabili: per ben 111 (il 72%) casi non si ha la minima idea di chi possa essere stato: sono stati attribuiti a "desconocidos". Per un 10% sono stati ritenuti responsabili i paramilitari, per l'8% la dissidenza FARC, per il 5% l'Ejercito de Liberacion Nacional (ELN) e per lo stesso numero a esponenti della forza pubblica.

Le minacce

Agli omicidi vanno aggiunte le minacce. Stando al rapporto del Programa Somos Defensores, nel 2018 si sono verificate 583 minacce a difensori dei diritti umani, il che equivale a un incremento del 57,5% rispetto all'anno precedente. Per quanto riguarda il tipo di minaccia, la più comune è stata il recapito di un volantino minatorio (371 casi), seguita da persecuzioni (82) e chiamate telefoniche (67).

Questo drammatico aumento degli assassinii e delle minacce ai Defensores avviene proprio mentre l'Accordo di Pace, siglato due anni tra le FARC e il Governo colombiano, vive uno dei suoi periodi più delicati e difficili.

Il Governo di Iván Duque, insediatosi da meno di un anno, sta ritrattando unilateralmente alcuni dei punti principali dell'Accordo. Nel frattempo, le divisioni all'interno delle FARC peggiorano: non solo le fila della cosiddetta dissidenza continuano ad aumentare, ma ormai è scontro aperto anche al vertice dell'organizzazione.

Le divisioni interne alle FARC

Pochi giorni fa Iván Márquez, numero due delle FARC e uno dei negoziatori dell'Accordo di pace, in una missiva pubblicata attraverso il suo account Twitter, si è rivolto direttamente agli ex-guerriglieri che ora sono negli ETCR (Espacios Territoriales de Capacitación y Reincorporación) accusando il Governo di voler distruggere l'Accordo di Pace. Márquez ha dichiarato che consegnare le armi è stato un grave errore, perché erano l'unico modo possibile per garantire che lo Stato compiesse quanto era stato trattato. Alla lettera di Márquez ha risposto un paio di giorni dopo Rodrigo Londoño (detto Timochenko). Il numero uno delle FARC ha accusato a sua volta Márquez di aver tradito la causa della pace e di aver voltato le spalle alle responsabilità che aveva nei confronti della pace. Insomma, è scontro aperto tra i due maggiori leader dell'organizzazione.

L'esercito e i nuovi stantard operativi

Altri problemi arrivano dall'esercito colombiano. Un recente articolo del New York Times ha riportato la testimonianza di alcuni ufficiali dell'esercito colombiano che hanno affermato, in forma anonima per paura di ritorsioni, che i nuovi vertici delle Forze Armate (a dicembre Iván Duque ha rimpiazzato i principali comandanti) hanno cambiato i loro standard. Secondo il NYT, il generale Nicacio Martìnez Espinel, nuovo comandante dell'esercito colombiano, ha riunito i 50 principali esponenti dell'esercito pretendendo il raddoppiamento dei risultati in termini di persone che si arrendono, vengono catturate oppure uccise. Gli standard per il via libera alle missioni sono stati abbassati: si è passati dall'80-85% di credibilità ed esattezza al 60-70%. Le conseguenze sull'aumento del numero di civili uccisi sono facilmente intuibili.

Il generale Martinez ha ammesso di aver dato ordini per realizzare missioni anche con un tasso di certezza minore (e quindi con un aumento del rischio di vittime tra i civili), specificando però di riferirsi alla pianificazione delle stesse e non alla loro realizzazione. Sta di fatto che c'è già stato un aumento dei morti tra i civili a seguito di dubbie operazioni militari (un caso al centro del dibattito nazionale è quello dell'omicidio di Dimar Torres, ex-guerrigliero trovato morto vicino al confine col Venezuela). Negli anni passati, per altro, l'esercito era stato già oggetto di critiche e inchieste per il suo comportamento (il caso dei "falsos positivos" è ancora vivo nella memoria collettiva del paese). A tal proposito, Human Rights Watch ha denunciato come tra le nuove nomine ci siano nove ufficiali collegati con gli assassinii avvenuti a metà degli anni 2000, proprio nell'ambito della vergognosa vicenda dei "falsos positivos". Non è un caso che pochi giorni fa Duque abbia ordinato l'istituzione di una Commissione per indagare sugli attuali ordini operativi delle forze armate.

La Colombia sta attraversando uno dei periodi più delicati della sua storia recente. Alle speranze di una pace finalmente raggiunta, si stanno gradualmente sostituendo disillusione e nuove violenze. Vedremo se l'Accordo di pace sarà una nuova opportunità per il Paese, oppure l'ennesima occasione persa.