Kenya: dopo le elezioni, "we are waiting"

L'8 agosto il popolo kenyano si è recato alle urne, in modo pacifico ed ordinato, con la speranza di compiere un passo avanti verso un processo più democratico. La notte dell'11, è stato dato il responso ufficiale: Kenyatta resta in carica. L'opposizione si è fatta sentire, ma attualmente nel Paese africano, si respira un clima di attesa.

13 agosto 2017 - Dopo una lunghissima campagna elettorale che ha toccato ogni angolo del paese, il Kenya è andato a votare l’8 agosto in modo pacifico ed ordinato, nella diffusa ed appassionata convinzione che il processo democratico è fondamentale per cambiare in meglio il Paese e che ogni voto conta. Il brutale omicidio, una settimana prima del voto, del responsabile informatico della commissione elettorale keniana - Chris Msando - aveva naturalmente seminato dubbi sulla possibilità di mantenere un processo trasparente e la volontà di una o più parti di accettare il verdetto delle urne, ma non ha comunque impedito a oltre 16 milioni di cittadini di dedicare la giornata di martedì ad ore di paziente fila per esprimere la propria scelta.

Sin dall’inizio dell’apertura delle urne, i dati dello spoglio pubblicati dalla commissione elettorale hanno indicato che il presidente uscente, Uhuru Kenyatta, avrebbe ottenuto la maggioranza necessaria per essere rieletto, e già poche ore dopo il leader dell’opposizione Raila Odinga ha dichiarato di avere le prove che il sistema informatico della commissione elettorale era stato “hackerato” e che i dati pubblicati erano altri: il reale vincitore era lui. Dato che simili prese di posizione dopo le elezioni del dicembre del 2007 avevano portato a mesi di instabilità nel paese e causato oltre 1.200 morti e quasi mezzo milione di sfollati, la relativa serenità del Paese è sfumata in un attimo.

A livello politico, i successivi 4-5 giorni sono stati caratterizzati da un via vai di accuse, controaccuse, speculazioni, messaggi allarmisti sui social media, smentite varie. A livello sociale, gran parte della gente è rimasta in casa con le proprie famiglie, pochi negozi hanno aperto le serrande e nelle principali città i “matatu” - o minibus pubblici - che solitamente intasano le vie sono quasi del tutto scomparsi. In alcune delle roccaforti dell’opposizione - lungo il Lago Vittoria e la baraccopoli di Mathare a Nairobi - alcuni giovani hanno eretto posti di blocco e ci sono stati scontri con le forze dell’ordine che, secondo alcune fonti, hanno causato delle vittime.

Nel mentre, il responsabile della commissione elettorale ha dichiarato che, dopo le debite verifiche, può affermare che i sistemi informatici creati per garantire la trasparenza del voto non sono stati “hackerati” e l’ex-Segretario di Stato americano John Kerry, nel Paese a capo di una delegazione del Carter Centre, insieme agli osservatori dell’Unione Africana e dell’Unione Europea ed altri attori internazionali (oltre 5000 osservatori dall'estero), venuti per monitorare il processo in atto, hanno affermato che i sistemi della commissione elettorale “sono solidi” e che il processo elettorale è stato “credibile e trasparente”.

 Tutt’ora alcuni leader dell’opposizione ribadiscono di avere prove concrete di brogli e di avere la certezza che Raila Odinga, il loro candidato alla presidenza, abbia nettamente vinto le elezioni. L’opposizione chiede che la Commissione Elettorale dichiari Odinga vincitore.
Oltre a portare alcuni dei suoi sostenitori a festeggiare nelle strade delle sue roccaforti, le dichiarazioni dell’opposizione hanno innalzato il livello di tensione in tutto il Paese. Chi si era rassegnato ad aver perso la contesa in modo legittimo ha ripreso speranza e iniziato a mettere in dubbio la legittimità dei dati pubblicati fino ad ora, dunque mettendo in dubbio le istituzioni; chi aveva la certezza di aver vinto legittimamente, mantiene le sue convinzioni, con l’aggiunta della certezza che l’opposizione ha deciso di vincere a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo.

L’annuncio formale della vittoria di Uhuru Kenyatta è arrivato nella tarda serata dell'11 agosto ed è echeggiato nelle celebrazioni dei suoi sostenitori ed in alcune manifestazioni di protesta a Kisumu, roccaforte etnica dell’opposizione, e in alcune delle principali baraccopoli di Nairobi. Le forze dell’ordine erano pronte e sembra che le proteste siano state contenute. La scelta di annunciare il vincitore a notte avanzata, un venerdì sera quando comunque le attività commerciali sarebbero state ferme per due giorni e la gente era tutta a casa, sembra che non sia stata casuale.

Per il momento Nairobi è tranquilla - salvo nei quartieri popolari dove ci sono stati vari scontri tra giovani protestanti e le forze dell’ordine. Le strade sono vuote e gran parte della gente resta a casa in attesa di vedere gli sviluppi. I trasporti pubblici non funzionano, la distribuzione di generi di prima necessità è ancora interrotta (dunque alcune cose continuano a scarseggiare) e si è in attesa di capire le strategia che verranno adottate dalla leadership dell’opposizione.

Come riportato dall'International Crisis Group in un recente articolo, "la gente del Kenya ha rimostrato una considerevole pazienza ed entusiamo il giorno del voto. Questa è stata una dichiarazione di benvenuto per la democrazia, in un momento di regressioni in altre parti del continente. Queste elezioni sono un passo sul sentiero del Kenya verso una maggiore stabilità e democrazia".

Intanto la gente comune del Kenya continua a sperare nella pace, nella stabilità, nella possibilità di tornare al lavoro senza preoccupazioni. Un po' ovunque, l’unica cosa concreta che si ha da dire è “we are waiting”.