La terra: il diritto negato ai popoli indigeni e alle comunità rurali

3 marzo 2016 - A livello globale è in atto una guerra antichissima, che affonda le radici nella storia dell’uomo ma ancora viva e attuale: la guerra per le risorse naturali, quella che permette ai più forti di espropriare, derubare e sradicare dal proprio tessuto sociale i più deboli. Ma i più deboli, in questa guerra, siamo tutti noi.

Il rapporto Common Ground, di Oxfam, International Land Coalition e Rights and Resources Initiative, diffuso oggi sostiene che, a livello globale, circa il 65% delle terre del pianeta appartiene a comunità indigene o comunità rurali ma che solo il 10% di esse sia tutelato da un diritto di riconoscimento formale. 2,5 miliardi di persone, quindi, sarebbero senza un titolo legale sulle terre su cui vivono e lavorano. 5 miliardi di ettari almeno sarebbero vulnerabile preda di fenomeni quali l’accaparramento da parte di governi e multinazionali, dimenticando, ad esempio - come spiega una ricerca di Survial International, - che gli Awà, una popolazione indigena della foresta amazzonica brasiliana, conosce almeno 275 tipi di piante utili e almeno 31 specie diverse di api. Eppure, questo sapere non è servito loro per non perdere oltre il 30% di uno dei loro territori dagli anni '80 ad oggi, da quando cioè il programma Gran Carajas ha aperto la strada ai taglialegna. Questa, è solo una delle innumerevoli brutte storie di uccisione di un popolo o di una comunità che si rincorrono, inesorabili, dall’America Latina, all’Africa fino ad approdare, sebbene più silenziosamente, in Europa.

Il diritto alle risorse naturali e il riconoscimento dei diritti formali all’uso della terra da parte dei piccoli produttori e delle comunità indigene sono tra i più basilari dei diritti umani perché corrispondono alla realizzazione del diritto al cibo. Pertanto, non può esistere un mondo, né una società più giusta ove questi diritti sono negati.

Oggi a Ouagadougou, in Burkina Faso, è partita la Carovana per la terra, l'acqua e i semi. Oltre 2000 km e 400 delegati provenienti da 15 paesi dell’Africa Occidentale per dire basta al land e water grabbing e per sostenere il diritto alla alle risorse naturali. In questo istante, quindi, moltissime persone stanno manifestando a gran voce, urlando le loro motivazioni. E’ un grido potente che si unisce a quello, uguale, che proviene dalle sponde del Rio delle Amazzoni. Attraversando intatto l’India, l’Indonesia e la stessa Europa. Forse dovremmo evitare di reprimerlo; forse dovremmo semplicemente unirci a questo grido che si sta sollevando ovunque sempre più rabbioso. Cominciare ad urlare per la terra, e darci da fare. Finalmente.