FOOD GOVERNANCE. Dare autorità alle comunità. Regolamentare le imprese

«Il regime alimentare guidato dalle corporation è potente, ma non invincibile. Le crepe nella sua corazza si stanno approfondendo. Tale regime, esteso a livello globale, non provvede infatti alla sicurezza degli alimenti su scala mondiale, come si pensava che avrebbe fatto», scrive Nora McKeon, autrice del libro "FOOD GOVERNANCE. Dare autorità alle comunità. Regolamentare le imprese", finalmente tradotto in italiano.

La pubblicazione di un’edizione italiana di questo libro appare davvero opportuna. In primo luogo, perché l'Italia è un centro della governance istituzionale globale del cibo. Parma è la sede dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (European Food Safet Authority, EFSA), mentre Roma ospita il polo delle agenzie agro-alimentari delle Nazioni Unite: l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Food and Agriculture Organization, FAO), la cui sede è stata teatro di molti degli eventi descritti nel libro; il Programma alimentare mondiale (World Food Programme, WFP) e il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (International Fund for Agricultural Development, IFAD). In secondo luogo, perché in Italia vivono di agricoltura almeno 3,5 milioni di persone e l’agricoltura familiare rappresenta il 71% del totale delle aziende agricole. Sono queste realtà a conduzione familiare la fonte dei prodotti tradizionali e di qualità che caratterizzano il panorama gastronomico italiano e che attirano l’attenzione di importatori e turisti. E non si tratta solo di una questione economica: la varietà degli alimenti italiani, radicati in territori diversi e distribuiti in tutto il paese, è un forte fattore identitario.

Su scala mondiale i piccoli produttori sono responsabili per il 70% del cibo consumato e della maggior parte degli investimenti in agricoltura. Eppure, le politiche pubbliche a livello nazionale e internazionale privilegiano l'agricoltura industrializzata, che inquina l'ambiente e sostiene filiere globali di alimenti anonimi a scapito dei piccoli produttori e dei consumatori. È solo grazie alle politiche che permettono alle corporation transnazionali di brevettare e di trarre profitto da sementi in realtà appartenenti all’intera umanità che queste società hanno raggiunto il livello di potere che oggi detengono nelle filiere alimentari globali.

Sebbene Expo 2015 abbia provato ad annientare i piccoli produttori alimentari, glorificando al tempo stesso l'immagine di grandi corporation transnazionali, il movimento per la sovranità alimentare e i suoi alleati stanno mantenendo le loro posizioni sul terreno della governance globale del cibo. Ne è un esempio la riforma del Comitato delle Nazioni Unite sulla sicurezza alimentare mondiale (Committee on World Food Security, CFS) – ampiamente discussa nei Capitoli 4 e 6 del libro – che è stata negoziata nel 2009 nella Sala Rossa della FAO. L’esito di questo negoziato ha trasformato il CFS nel forum di politica globale inclusivo e democratico più avanzato al mondo. Le raccomandazioni politiche e le linee guida negoziate in forum globali come il CFS possono sembrare qualcosa di assai remoto, ma il loro impatto sulle vita quotidiana dei cittadini è sostanziale. Ad esempio, in Italia un progetto di legge di iniziativa popolare, che riconoscerebbe e remunererebbe l’agricoltura contadina per i benefici che apporta alla società, è fermo in Parlamento da anni a causa dell’opposizione di interessi economici e politici. 

Nel periodo trascorso dalla pubblicazione dell’edizione originale inglese del libro (2014), la tendenza verso la concentrazione del potere nelle mani di poche multinazionali è continuata. Le corporation transnazionali sono anche riuscite, attraverso soluzioni "tecnologiche" sempre più avanzate e un'ottima comunicazione, a costruirsi dei ruoli di primo piano nell’affrontare sfide come il cambiamento climatico. Le grandi compagnie farmaceutiche hanno unito le forze con società transnazionali del settore agro-alimentare nel tentativo di “medicalizzare” l’alimentazione. La cessione della sfera pubblica agli interessi privati - di cui si parla nel capitolo conclusivo del libro - ha contagiato lo stesso sistema delle Nazioni Unite e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile adottati con grande enfasi nel 2015.

Tuttavia, il movimento per la sovranità alimentare e i suoi alleati non restano con le mani in mano. Stanno difendendo il riformato Comitato per la sicurezza alimentare da attacchi portati dai governi e dagli interessi economici che vorrebbero ridurne il peso politico. Nel corso degli ultimi mesi hanno ottenuto alcune vittorie significative, come il riconoscimento del fatto che i mercati territoriali incorporati nei sistemi locali, nazionali e regionali arrecano molti più benefici delle filiere alimentari globali, in relazione alle garanzie di sicurezza alimentare e alla creazione di posti di lavoro. Nel Consiglio per i diritti umani, con sede a Ginevra, è stata negoziata una Dichiarazione sui diritti dei contadini e dei lavoratori nelle aree rurali, successivamente adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU nel novembre 2018. È ancora in fase di negoziazione, invece, uno strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a disciplinare le attività delle corporation transnazionali e di altre imprese commerciali

Ricorda Nora McKeon: «Viviamo in un’epoca in cui la democrazia rappresentativa è sotto accusa per essersi svenduta agli interessi di un 1% che comprende le corporation e gli speculatori finanziari operanti nel settore agro-alimentare. La risposta a questa crisi di legittimazione può articolarsi nel nazionalismo autoritario, nel populismo di destra e nella xenofobia – come oggi troppo spesso avviene – oppure negli sforzi tesi a reclamare la sovranità dei popoli. La sovranità alimentare come paradigma e il Comitato sulla sicurezza alimentare mondiale come forum politico in cui esercitare una forma di sovranità dei popoli – per quanto limitata e imperfetta – possono contribuire a fare la differenza».

 

Nora McKeon ha studiato Storia ad Harvard e Scienze politiche alla Sorbona. E’ stata funzionaria della FAO, occupandosi del rafforzamento della partecipazione della società civile e dei movimenti sociali nei programmi e nelle politiche alimentari globali, con particolare attenzione alle organizzazioni dei produttori su piccola scala. Esperta in sistemi alimentari, governance globale del cibo e movimenti rurali, insegna all'Università di Roma 3 e all'International University College di Torino. E’ membro del CdA dell'associazione Terra Nuova.